Beve molto, mangia troppo
e produce CO2: l’Intelligenza artificiale inquina così
23 Aprile 2023 14:00
Durante il momento più duro della pandemia da Covid, quando buona parte della popolazione mondiale era confinata in casa, uno studio della Royal Society rivelò che se in quel momento internet fosse stato uno Paese, sarebbe stato il quarto più inquinante al mondo.
Un altro report ha previsto che entro il 2040 il settore tecnologico rappresenterà il 14% delle emissioni globali e la domanda di energia dei data center si duplicherà di ben 15 volte entro il 2030. Un vero e proprio boom, che ha avuto di recente una forte accelerazione con l’arrivo del programmi di intelligenza artificiale di nuova generazione, capitanati dalla rivoluzione ChatGpt, il software che sembra avere risposte azzeccate a tutte le domande.
L’impronta ambientale di alcuni gesti diventati ormai consuetudine per miliardi di persone comincia così a diventare un fattore da considerare quanto di parla di inquinamento. Il semplice invio di una e-mail comporta, ad esempio, una produzione di anidride carbonica che va dai quattro ai cinquanta grammi, a seconda della presenza di allegati.
Ben altre risorse, invece, impegna la programmazione di modelli più complessi e il mantenimento degli enormi data center che li alimentano.
Secondo un calcolo, nel solo mese di gennaio del 2023 OpenAI, la società di ChatGpt, ha utilizzato un’energia equivalente al consumo di un intero anno di oltre 170.000 famiglie danesi, mentre l’addestramento del Gpt3, il modello su cui si basa ChatGPT, avrebbe generato circa 500 tonnellate di carbonio (l’equivalente di un viaggio in auto fino alla luna e ritorno) e consumato 700.000 litri di acqua dolce, un quantitativo sufficiente a realizzare 370 auto Bmw o 320 Tesla.
Lo scambio di conversazioni di un utente medio con ChatGpt equivale al consumo di una bottiglia di acqua.
Data la popolarità senza precedenti di questi chatbot, i ricercatori temono che tutto questo consumo d’acqua possa avere un impatto preoccupante sulle forniture idriche, in rapporto alla crescente siccità e ai problemi ambientali.
I ricercatori si aspettano, inoltre, che questi consumi idrici aumenteranno ulteriormente con i modelli più recenti, come Gpt-4, che si basano su un insieme e una elaborazione più ampia di dati rispetto ai software predecessori.
I problemi relativi al consumo di acqua non si limitano ai modelli di OpenAI. Gli studiosi hanno fatto dei calcoli anche sui consumi d’acqua di Google: i suoi data center negli Stati Uniti hanno bevuto complessivamente 12,7 miliardi di litri di acqua dolce nel 2021, di cui circa il 90% potabile.
A tutto ciò si aggiunge anche il fatto che “mangi” moltii minerali, in particolare i metalli rari, indispensabili per realizzare i componenti elettroni di computer e centri di gestione.
Un problema ambientale che “esplode” in Cina, dove queste strutture sono alimentate da energia che arriva in gran parte da centrali a carbone: si calcola che in solo anno provochino emissioni per almeno 100 milioni di tonnellate di CO2.
Chissà che non si possa ottenere una risposta efficace a questi problemi chiedendo proprio all’Intelligenza artificiale.
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