Non basta ridurre le emissioni: la sostenibilità passa da economia e sociale

20 Novembre 2023 05:00

Preparatevi. Nei prossimi mesi sentirete e leggerete la parola “sostenibilità” ovunque (a dire il vero capita già da qualche tempo).
Dal pancake della colazione alla tisana della buonanotte, dal lavoro allo sport, dall’automobile al caffè, dai conti di una grande azienda ai viaggi aerei, dalle vacanze alla cene tra amici: tutto oggi “deve” essere sostenibile.
Spesso, però, non c’è la corretta consapevolezza di cosa voglia dire esserlo veramente.
L’errore principale quando si parla di sostenibilità è concentrarsi eccessivamente su un singolo aspetto, ossia l’aspetto ambientale.
Ma la sostenibilità, quella vera, si basa sull’equilibrio tra tre pilastri: l’economia, la società e lo stesso ambiente, noti come la Triple Bottom Line.
Dunque è sbagliato considerare esclusivamente l’aspetto ambientale, trascurando le questioni sociali o economiche.
Ad esempio, un’azienda potrebbe impegnarsi a fondo sulla riduzione delle emissioni di carbonio, senza considerare adeguatamente il benessere dei propri dipendenti o la floridità economica a lungo termine.
E, allo stesso modo, un approccio troppo focalizzato solo sui conti, lascerebbe troppo in secondo piano l’impatto delle nostre attività in termini di inquinamento o di gestione delle risorse umane. Chi comprerebbe il prodotto di un’azienda sapendo che in questi anni ha scaricato sostanze inquinanti in mare o ha sottopagato il proprio personale? Una sensibilità che negli ultimi anni è molto aumentata da parte dei cittadini/consumatori e anche delle istituzioni
Questa crescente attenzione alla sostenibilità è guidata da un obiettivo fondamentale: garantire un futuro migliore per il nostro pianeta e le generazioni future.


Tra le molte teorie e approcci che cercano di tradurre questo obiettivo in azioni concrete, spicca il concetto di “Triple Bottom Line” (TBL), o “triplice risultato“, che sottolinea l’importanza di valutare il successo in termini di profitti, persone e pianeta. La definizione è stata coniata da John Elkington nel 1994 ed è diventata un pilastro fondamentale nella filosofia della sostenibilità. Questa metodologia sottolinea la necessità di considerare tre pilastri interconnessi quando si valuta il successo e l’impatto di un’organizzazione, cercando di bilanciare i risultati finanziari con l’effetto sociale e ambientale delle sue attività.
Il primo pilastro della Triple Bottom Line è quello meno considerato: il profitto. Secondo questa teoria, la più diffusa e accettata oggi, le aziende devono essere redditizie per sopravvivere e prosperare. Ma occorre considerare non solo la quantità di profitto, ma anche come viene generato e distribuito. Questo implica una gestione finanziaria responsabile, una redditività etica e una valutazione critica delle implicazioni finanziarie delle attività aziendali.
Il secondo pilastro riguarda le persone, ossia i dipendenti, i clienti, le comunità locali e la società nel suo complesso. Le imprese sono incoraggiate a valutare l’impatto sociale delle loro azioni, promuovendo il benessere dei propri dipendenti, rispettando i diritti umani, promuovendo la diversità e l’inclusione, sostenendo le comunità locali e contribuendo a risolvere le sfide sociali. L’obiettivo è quello di creare un ambiente sano e sostenibile, contribuendo così a una società migliore.
Infine, c’è l’impatto ambientale delle attività di un’organizzazione. Le aziende devono essere consapevoli delle risorse naturali che utilizzano, dell’inquinamento che generano e delle conseguenze delle proprie operazioni sull’ambiente. La gestione sostenibile delle risorse, l’adozione di pratiche ecologiche e l’innovazione per ridurre l’impatto ambientale sono essenziali per raggiungere questo obiettivo. Sempre più aziende, ma anche istituzioni, associazioni e società sportive hanno scelto di comunicare soprattutto questo aspetto, ad esempio con i dati relativi alla riduzione delle emissioni di Co2. Tutto lodevole, ma per raggiungere una “vera” sostenibilità non basta.

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