“Natura in pixel”: i videogiochi e il nostro rapporto con l’ambiente
28 Gennaio 2024 05:00
Siamo ormai abituati a trattare la natura come se fosse un supermercato? Esistono ancora narrazioni che danno speranza sul futuro del nostro Pianeta? Dovremmo esplorare nuovi canali di educazione per migliorare il rapporto tra l’essere umano e l’ambiente? Sono alcuni degli spunti di riflessione risvegliati dalla lettura di “Natura in pixel. Un libro sui videogiochi per la beneficenza ambientale”. Un racconto corale, a cura di Chiara Ambrogio, che sulla commistione tra il mondo del gaming e altri settori all’apparenza distanti ha scritto ben due tesi di laurea, e Francesco Toniolo, docente universitario e autore della rubrica De videoludendi cultura su Libertà.
Il libro prende forma da una pluralità di testi raccolti attraverso una call for papers online, a cui nel giro di pochissimo tempo hanno risposto circa una ventina di autori. Poche regole e un filo conduttore: la relazione tra i videogiochi e l’ambiente. “Ogni partecipante – spiega Ambrogio – ha sviluppato questo tema nel modo che ha ritenuto più opportuno. Abbiamo ricevuto contributi dal taglio più scientifico-divulgativo, ma anche poesie e memorie personali. Per preservare la varietà di voci che hanno partecipato al progetto “Naturalmente gioco” abbiamo volutamente evitato di uniformare i contenuti tra loro”.
Perché proprio i videogiochi? “Volevamo dimostrare quanto fossero in grado di affrontare anche tematiche serie e attuali”.
A differenza di un film o di una serie tv, infatti, il videogioco può acquisire una maggiore potenza nel veicolare messaggi, rendendo l’utente pienamente partecipe della narrazione ed entro certi limiti anche artefice. Stiamo inoltre parlando di un canale che oggi raggiunge 14,2 milioni di persone solo in Italia e che si rivolge a un pubblico trasversale: se è vero che l’età media dei giocatori si aggira attorno ai 30 anni, è altrettanto vero che si può estendere fino alla fascia over60, unendo persone con formazione e background culturale diversi. “Per questo motivo – si inserisce Ambrogio – credo che un prodotto videoludico ben strutturato sia in grado di comunicare in modo molto efficace, coinvolgendo soprattutto i giovani, che rappresentano il futuro del Pianeta”.
E se l’orizzonte non appare roseo – lo confermano ogni giorno studi scientifici e modelli previsionali, – la struttura del gioco, specialmente se a lieto fine, può restituire la speranza, senza la quale non può esistere iniziativa. In altre parole, come possiamo ricostruire un futuro se non pensiamo di poter migliorare la situazione? Come si vince la tentazione di rimanere fermi senza fare nulla, pensando che tanto ormai è tutto inutile?
L’idea alla base di “Natura in pixel” è proprio quella di non arrendersi, di stimolare un cambiamento in positivo. Un primo passo l’hanno fatto i curatori stessi, scegliendo fin da subito di destinare l’intero ricavato all’Oasi Lipu Bosco del Vignolo, in provincia di Pavia. Un simbolo di rinascita di una zona verde dove prima c’erano una discarica di rifiuti solidi e una pista da motocross.
Se quindi da un lato i videogiochi trattano le risorse naturali come materiale illimitato e a completa disposizione dell’essere umano, dall’altro lato sono anche in grado di generare consapevolezza e attenzione sul nostro rapporto con il mondo: siamo davvero sempre legittimati a cacciare animali anche quando abbiamo tante altre fonti di cibo a disposizione? Possiamo permetterci di continuare ad abbattere alberi per costruire l’ennesimo palazzo? Già ponendosi queste domande si dà inizio a un cambiamento.
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