La grande sfida fotovoltaica: celle che producono energia anche dalle luci artificiali
06 Marzo 2024 05:00
l La ricerca tecnologica corre veloce anche nel campo delle energie rinnovabili e il fotovoltaico non fa certo eccezione.
Così il Journal of Photonics for Energy ha pubblicato lo “Status report on emerging photovoltaics”, vale a dire uno studio redatto con il contributo di 41 esperti internazionali sui materiali e gli impianti del futuro.
Il primo caso sembra tanto semplice, quanto efficace: la cella bifacciale, che possa ricevere la luce solare su entrambi i lati. La base resta al silicio, ma di fatto, con il giusto orientamento, l’efficienza raddoppia. Oggi il 70% degli impianti utilizza ancora la tecnologia monofacciale, ma nei prossimi anni quella bifacciale è destinata a crescere continuamente, fino a raddoppiare.
Per ragioni tecniche ed economiche sembra più difficile la diffusione del silicio nero, che ha la grande qualità di ridurre le perdite ottiche e di aumentare l’assorbimento delle lunghezze d’onda lunghe (raggiungendo un’efficienza di conversione superiori al 20%), ma che pare di difficile industrializzazione.
Il rapporto evidenzia poi i cosiddetti impianti a “film sottili”, che sono di due tipi. I moduli in seleniuro di rame, indio e gallio (Cigs) hanno un’efficienza record del 23,6%, sono economici e possono essere usati su plastiche flessibili e fogli metallici, rendendoli utilizzabili in molti modi.
Ma hanno il difetto di essere, almeno per il momento, poco affidabili.I film sottili in tellurio di cadmio (Cdte) hanno invece già conquistato una buona fetta di mercati dei grandi impianti, perché hanno costi bassi e una lenta degradazione. Ma sono poco efficienti.
Promettono molto bene, ma devono ancora essere studiate e perfezionate anche altre due tecnologie alternative a quelle tradizionali.
Innanzitutto il fotovoltaico organico, le cui celle non hanno il silicio come assorbitore, ma di un polimero o una piccola cellula molecolare a base di carbonio. In questo caso, evidenziano gli esperti, le prestazioni sono decisamente migliorabili. Ma soprattutto al momento appare complesso l’utilizzo in impianti di grandi dimensioni, senza trascurare la loro elevata degradazione termica e la bassa fotoreazione.
Suggestivo il metodo a celle solari sensibilizzate con coloranti (Dssc), che si ispirano concettualmente alla fotosintesi naturale. Test rivelano il 20% di efficienza nella conversione della luce solare e addirittura un potenziale 45% per quella ambientale. Anche in questo caso, il problema è l’efficienza in questa tecnologia, che se ottimizzata potrebbe portare ad alimentare gli impianti anche al chiuso, alla luce dei Led.
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