Il cervello come non si è mai visto: lo zoom per studiare le connessioni tra neuroni
16 Giugno 2024 05:00
Sviluppata al Massachusetts Institute of Technology una nuova piattaforma che permette di studiare interi emisferi del cervello umano in 3D osservandoli con una risoluzione senza precedenti su più livelli, a partire dall’architettura del tessuto e dalla morfologia delle cellule per scendere poi nei dettagli cellulari e molecolari più minuti, come le connessioni tra neuroni, le loro strutture subcellulari e perfino le proteine espresse.
Questa sorta di zoom è già stato sperimentato per indagare le lesioni causate dall’Alzheimer, come dimostrano i risultati dello studio pubblicati sulla rivista Science.
L ‘obiettivo ultimo è creare un atlante tridimensionale delle cellule cerebrali umane a risoluzione subcellulare, ma non solo. “Prevediamo che questa piattaforma tecnologica scalabile migliorerà la nostra comprensione delle funzioni degli organi umani e dei meccanismi delle malattie per stimolare lo sviluppo di nuove terapie”, affermano i ricercatori guidati da Juhyuk Park.
Il loro lavoro, svolto nell’ambito della “Brain Initiative Cell Census Network”, ha portato a sviluppare e combinare tre tecnologie innovative: Megatome, un microtomo vibrante che affetta i tessuti con un taglio ultra preciso senza perdere le connessioni tra cellule; Melast, un idrogel che rende i campioni di tessuto chiari, elastici, espandibili e marcabili in modo reversibile, per studiarli su più scale; infine Unslice, un software che ricompone le fettine di tessuto per ricostruire l’emisfero cerebrale in 3D ripristinando perfino l’allineamento dei singoli vasi sanguigni e delle connessioni fra neuroni.
Il mix di queste tecnologie consente di studiare i campioni senza degradarli, anzi: i tessuti diventano durevoli e possono essere analizzati più volte, potenzialmente per anni.
osservare il cervello umano
Osservare interi emisferi del cervello umano intatti e fino alla risoluzione delle singole connessioni (sinapsi) è doppiamente importante, sottolineano i ricercatori.
Innanzitutto consente di studiare più aspetti contemporaneamente su un unico cervello, senza dover ricorrere a cervelli di persone diverse, che possono presentare differenze anche significative rendendo difficile un confronto.
In secondo luogo, la scalabilità e la rapidità di esecuzione di questo approccio (l’imaging di un intero emisfero cerebrale, una volta preparato, richiede 100 ore anziché molti mesi) permettono di creare molti campioni per rappresentare diversi sessi, età e stati patologici, facilitando i confronti per ottenere statistiche più robuste.
Il coordinatore dello studio Kwanghun Chung, ingegnere chimico del Mit, ipotizza già la creazione di una banca di cervelli interamente sottoposti a imaging che potrebbero essere analizzati ed etichettati nuovamente con vari marcatori a seconda delle necessità.
Per il momento la piattaforma è stata messa alla prova su due cervelli umani donati alla scienza, uno sano e uno colpito da Alzheimer.
Senza pianificare troppo, i ricercatori hanno cominciato a esplorare dei campioni di tessuto della corteccia orbitofrontale. Dopo aver individuato le regioni che avevano subito una sostanziale perdita di neuroni, hanno deciso di andare ancora più a fondo usando vari marcatori per evidenziare le relazioni tra fattori patogeni e i diversi tipi di cellule.
È così emerso che la perdita di sinapsi si concentra nelle aree in cui c’è una sovrapposizione diretta con le placche di amiloide.
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