Ufo robot dappertutto, la gioiosa invasione arrivata dal Giappone nel 1978

Michele Borghi
2 aprile 2025|4 giorni fa

Grande Mazinga, Goldrake e Mazinga Z
In principio era Goldrake. Potente, leale, coraggioso. Più tardi i due Mazinga con Jeeg, Daitarn 3, Danguard, Zambot 3, Daltanious e via verso l’infinito. Ci voleva l’antenna girevole per catturarli tutti. Eravamo in tantissimi incollati alla tv a saltabeccare da un canale locale all’altro per non perdere nemmeno un attacco spaziale. Un’abbuffata di ore e ore trascorse davanti al piccolo schermo. E poi le mance dei nonni bruciate in giochi, figurine, dischi con le sigle, quaderni e diari, sorpresine negli snack. La domenica pomeriggio di corsa al cinema per ammirare i super robot in formato extralarge e - se il televisore in soggiorno era ancora in b/n - finalmente a colori, grazie ai "famigerati" film di montaggio. Un pugno di episodi cuciti per raggiungere i 90 minuti canonici, con trama spesso e volentieri senza capo né coda. Mezzo secolo dopo siamo ancora qui a parlarne, che meraviglia. Si festeggia in Giappone dove Goldrake atterrò per la prima volta il 5 ottobre 1975. Si brinda in Italia dove Atlas Ufo Robot arrivò tre anni più tardi, proprio in questi giorni - il 4 aprile - sul secondo canale Rai. Oddio ci siamo divertiti un casino pure con i due Mazinga, ignari del caos per la "continuity" stravolta.
Nel Paese del Sol Levante, infatti, l’autore Go Nagai aveva creato una trilogia seguendo un ordine preciso: Mazinga Z (1972-1974), il Grande Mazinga (1974-1975) e infine Goldrake. Avete capito bene: i tre robot condividono in realtà un universo narrativo, con eventi e personaggi intrecciati. Peccato che da noi l’ordine sia stato ribaltato: Goldrake appunto nel 1978, seguito dal Grande Mazinga nel 1979 e Mazinga Z nel 1980. La cronologia risulta confusa e sottosopra, anche perché i doppiaggi italiani, pur memorabili, adattarono i nomi in modo creativo. Non solo: i legami tra le serie furono spesso ignorati nelle traduzioni. I primi dubbi sul fatto che i conti non tornassero a me erano sorti vedendo al cinema le puntate raffazzonate con tanto di spoiler involontari. Ma un dato è certo: per anni nessuno ha saputo che Goldrake fosse in realtà l’ultimo atto di una trilogia fotonica. Io ricordo compagni delle elementari disposti a scommettere durante la ricreazione delle 11 che Goldrake e Mazinga fossero la stessa cosa (o quasi), mescolando allegramente i nomi dei piloti. Ci volle tempo perché i fan iniziassero a ricostruire il puzzle della timeline corretta, grazie alle informazioni scovate in Rete.
Conquistando milioni di telespettatori, Goldrake fini per generare un fenomeno culturale e spalancò le porte a un’ondata di giganti meccanici per tutti i gusti. Una vera e propria "Japan invasion" con sigle italiane divenute inni indimenticabili. Daitarn 3 era tra i miei epigoni preferiti grazie al tono più ironico e avventuroso rispetto ai drammi di Nagai. Non male pure Gundam con il suo taglio realistico e militare. In camera mia l’apoteosi si toccò con Jeeg, ovvero Hiroshi Shiba e il suo colosso d’acciaio componibile (terminai perfino l’album delle figurine Panini). Molti bambini all’epoca impazzirono per Daltanious con il leone robotico Beralios e per Zambot 3. Bellissimi pure quelli, per carità, io tuttavia preferivo Danguard, primo robottone giapponese ad essere trasmesso dalle reti private (era la fine del 1978, se la memoria non mi inganna), oggi piuttosto dimenticato e invece meritevole di un pieno recupero.
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