Febbraio 1997, dalla Ricci Oddi scompare il Klimt. La storia
11 Dicembre 2019 19:17
Fino a ieri pomeriggio era tra le dieci più importanti opere d’arte rubate e tuttora ricercate assieme ad altri capolavori assoluti come l’unico paesaggio marino mai dipinto da Rembrandt, al “Piccione con piselli” di Pablo Picasso, ai “Fiori di papavero” di Vincent Van Gogh, alla “Natività di San Francesco e San Lorenzo” di Caravaggio e a un autoritratto di Raffaello.
Dal giorno del furto del “Ritratto di Signora” di Gustav Klimt, nel febbraio del 1997, sulla sua sorte si sono rincorse le ipotesi più fantasiose e suggestive, ma il quadro probabilmente non si è mai mosso dal museo che lo custodiva. E’ solo “uscito a prendere una boccata d’aria” dal cosiddetto salone degli stranieri che lo ospitava e si è poi “nascosto” in una cavità del muro della pinacoteca. Fu una storia da film il rapimento della “Signora” . Domenica 23 febbraio 1997 il nostro giornale annunciò in prima pagina: “Giallo a Piacenza, sparito il Klimt”. In realtà il dipinto era stato trafugato almeno quattro giorni prima, mentre era in corso il trasloco di parecchi “pezzi” per una mostra a Palazzo Gotico intitolata “Da Hayez a Klimt. Maestri dell’Ottocento e Novecento della Galleria Ricci Oddi” di cui l’opera doveva essere la guest-star. Circostanza questa a causa della quale gli addetti inizialmente credettero che l’opera fosse stata semplicemente spostata con un ritardo che causò una grave danno alle indagini. A proposito del momento esatto del furto l’allora procuratore Francesco Nicastro, titolare dell’inchiesta, ai cronisti disse in quei giorni: “Buio completo”. La città si era appena ripresa dallo choc della tragedia del Pendolino deragliato un mese prima all’uscita del ponte sul Po causando otto vittime.
La sparizione di uno dei due dipinti più preziosi custoditi a Piacenza (l’altro – “Ecce Homo” di Antonello da Messina – è fortunatamente al sicuro nelle segrete e blindate stanze del Collegio Alberoni) fu un nuovo, terribile colpo. Sulla tecnica con cui il quadro venne trafugato si inseguirono le tesi più varie e fantasiose, specie dopo che fu trovata la cornice, smontata, nello sgabuzzino di un lucernario. L’inviato del Corriere della Sera scomodò perfino il film “Topkapi”, raccontando di ladri-acrobati che si sarebbero calati come alpinisti da uno dei tanti lucernari che sormontano il tetto della Galleria Ricci Oddi, dopo aver spostato il velario. Altri ritennero che il dipinto fosse uscito tranquillamente dalla porta principale, che si affaccia su via San Siro nella gran confusione di quei giorni. Da allora tante piste sono state seguite dai carabinieri, alcune delle quali portarono gli investigatori anche all’estero sulle tracce di presunti trafficanti d’arte. Una mattina, qualche anno dopo il furto, il compianto presidente della Ricci Oddi, Lino Gallarati, partì speranzoso in macchina per Ventimiglia: si diceva che il “Klimt” fosse stato ritrovato, pronto a partire per la Tunisia assieme ad un inestimabile “tesoro di Craxi”. Ovviamente era una bufala. Spuntò in seguito anche l’ombra di una copia esatta del dipinto che fu rintracciata e posta sotto sequestro per i controlli del caso. Ma era – appunto – solo una copia. Intanto le voci sul furto continuarono a rincorrersi: “Il quadro è in un caveau a Londra”. “No, “scotta troppo” e dunque non si è mai mosso da Piacenza”.
Nel frattempo la “Signora” era diventata la seconda opera più ricercata dalle forze dell’ordine in Italia. Soffiate, segnalazioni, piste investigative internazionali. Qualche anno fa è uscito perfino un libro, “Il mistero del doppio ritratto di Klimt”, realizzato dal collega Ermanno Mariani, che come cronista di nera – assieme a chi scrive – ha seguito in prima persona la vicenda. Nel volumetto Mariani ha svelato anche le tante storie bizzarre circolate a proposito del furto e “radiografato” la colorita corte dei miracoli che le popolava composta da collezionisti, fattucchiere, ladri, cronisti, collezionisti, folli, investigatori, falsari, satanisti, riti esoterici, demoni, pataccari. Con il passare degli anni, peraltro , non è mai diminuito l’interesse sul clamoroso furto del quale si occuparono tra gli altri anche la rete televisiva inglese BBC e la popolare trasmissione di Rai tre “Chi l’ha visto”.
Qualche anno fa intanto l’inchiesta è stata riaperta dopo il ritrovamento di tracce del Dna di uno dei ladri sulla cornice ed è spuntata, sulla base di una testimonianza, perfino una misteriosa pista esoterica: il dipinto, rubato su commissione, sarebbe finito nelle mani di una setta satanica di Piacenza che lo aveva utilizzato per un rito propiziatorio in un cimitero, poi lo aveva chiuso nella bara di una bambina. Va anche ricordato che durante le primissime indagini i carabinieri indagarono anche sugli allora custodi della Galleria, ma la loro posizione fu ben presto archiviata dal gip. Una curiosità. Nei giorni che precedettero il furto l’allora direttore della galleria Stefano Fugazza (mancato nel 2009) aveva ipotizzato di organizzare un finto furto del dipinto di Klimt; questo per pubblicizzare l’evento della mostra: “Da Hayez a Klimt”. “Mi chiedevo – scrisse Fugazza e i suoi appunti, pochi giorni dopo il furto del doppio ritratto – che cosa si sarebbe potuto fare per dare alla mostra una notorietà, per garantirle un successo di pubblico come non si era mai visto in precedenza. E l’idea che mi era venuta era proprio quella di organizzare deliberatamente un finto furto del Klimt, poco prima della mostra per poi far ritrovare l’opera dopo qualche tempo nel corso dell’esposizione”. Ora il colpo di scena che potrebbe acclarare che il dipinto non si è mai mosso dalla Ricci Oddi. Ma per dirlo con certezza serviranno altri accertamenti degli inquirenti. La “Signora” (secondo gli storici dell’arte forse un’amante di Klimt morta tragicamente) è pronta per tornare nella casa in cui ha abitato fin da quando, nel 1926, fu acquistata dal collezionista e mecenate Giuseppe Ricci Oddi.
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