Bobbio e “La Lumaca” di Stefano Brugnelli
Di Giorgio Lambri 23 Febbraio 2023 12:22
Le lumache. C’è chi le immagina poeticamente o come icona di pazienza e chi come il sottoscritto – più prosaicamente – le considera prima di tutto una prelibatezza che unisce idealmente le campagne di Borgogna e d’Italia e le immagina in umido oppure in forno con burro aglio e prezzemolo. Pensate che sono crudele? In questo caso sono in buona compagnia dato che stiamo parlando di uno degli alimenti più consumati dai nostri antenati dell’età della pietra e che pure i Greci apprezzavano, tanto che, per mangiarle, inventarono una speciale “forchetta”, anche perché, come testimonia Ateneo, attribuivano loro virtù afrodisiache. Anyway. Prima che la buona tavola, le lumache hanno incontrato nell’ultimo secolo altri più insidiosi nemici che le hanno rese oggi una vera e propria rarità nelle nostre campagne. Uso di pesticidi nocivi, cambiamento climatico, urbanizzazione selvaggia, estrazione incontrollata dell’acqua e introduzione di specie “aliene”. Partendo da questa minaccia e dalla contestuale richiesta di lumache per uso mangereccio, che nella sua zona d’origine è tradizione storica, un caparbio bobbiese poco più che trentenne ha creato l’Azienda Agricola La Lumaca. Si chiama Stefano Brugnelli e di professione fa l’enologo, con importanti consulenze in aziende del Nord Italia, ma appena può scappa su a Centomerli di Bobbio, in quelle quattro case che prendono il nome dalla sua famiglia, per coltivare – assieme ai fratelli e ai genitori – una vera e propria passione. La partenza è un gustoso background famigliare. cioè il ricordo della nonna che le andava a raccogliere nella campagna e le cucinava per tutta la famiglia, soprattutto nel periodo di Natale. “Stiamo parlando di un caposaldo della tradizione bobbiese, che si trovava puntualmente nel menu delle nostre osterie ma che via via è quasi scomparso – spiega Stefano – la ragione è la difficilissima reperibilità di lumache “autoctone” e il conseguente ricorso a prodotti provenienti dall’estero di incerta tracciabilità. Qualche anno fa abbiamo cominciato a parlarne in famiglia ed abbiamo deciso di farne un’opportunità per creare un’azienda agricola dedita all’elicicoltura”. Oggi l’azienda ha 2000 metri quadrati recintati e lo scorso anno ha venduto dieci quintali di lumache (Elix Aspersa Muller e la Elix Aspersa Maxima). Gli spazi sono delimitati perché in ognuno si svolge una fase della vita, all’interno non mancano cavolo nero e insalata insieme a tutti gli ortaggi che costituiscono l’alimentazione di questi animali, la cui riproduzione, viene spiegato, “non avviene attraverso accoppiamento, perché le lumache sono ermafrodite. Da dicembre sono in letargo, ne usciranno ad aprile per riprodursi una prima volta a maggio e poi ancora a settembre, ognuna fra 20/25 uova ma c’è anche una notevole mortalità. Teniamo tutto recintato sia per i cinghiali che per i roditori che sono ghiotti di lumache”. A differenza di altri produttori l’azienda Brugnelli ha deciso di commercializzare le lumache esclusivamente fresche o surgelate evitando il confezionamento in scatole come fanno altri. Tra i ristoranti che si approvvigionano a Bobbio si segnalano tra gli altri, lo stellato Michelin “La Palta” di Bilegno, l’Ostreria dei fratelli Pavesi e Trinità di Vernasca. “Quando sono pronte le togliamo dal terreno e le mettiamo in una cassetta tipo quelle della frutta per dieci giorni senza cibo affinché spurghino – spiega ancora Stefano – cioè espellano tutte le impurità”. Parte delle lumache vengono utilizzate anche per la realizzazione di cosmetici a base di bava di lumaca, che è ricchissima di mucopolisaccaridi che svolgono un azione protettiva, filmogena e idratante e di cui diversi studi hanno evidenziato le proprietà rigenerative per la pelle e il potere antiossidante. Ma i Brugnelli hanno anche un altro importante “ramo d’azienda” cioè la lavanda. Mezzo ettaro, per una produzione finalizzata tra l’altro anche alla realizzazione di Boby’s, profumatissimo London Dry Gin, già testato da parecchi barman piacentini. Stefano è anche fondatore e presidente dell’Associazione Culturale di Produttori di Lavanda dell’Appennino Piacentino, che raccoglie otto colleghi del territorio.
LA RICETTA
Ecco, per chi volesse cimentarsi, la ricetta delle Lumache alla Bobbiese o se preferite “Lümaghi in umid a ra Bubbieiza”. Si tratta di una preparazione antica e tipica dell’appennino piacentino che trovate ancora in qualche ristorante dell’alta Valtrebbia a cominciare da “Il Piacentino” di Bobbio Quando le lumache vengono prelevate nel letargo invernale è molto facile preparale e cucinarle: basta lessarle,tirarle fuori dal guscio, eliminare la puntina nera che hanno in fondo e ha un marcato sapore amaro, ed eccole pronte, non serve altro. Quando, invece, non sono catturate nel letargo vanno spurgate prima di prepararle.
LA PREPARAZIONE Si predispone un tegame con acqua bollente, si inseriscono le lumache per circa un quarto d’ora poi si tirano fuori usando una forchettina, viene eliminato la parte, in fondo, nera, vengono lavate in acqua tiepida ed infine vengono posizionate in una terrina ricoperte con sale grosso, inoltre vi si versa un bicchiere di vino bianco a temperatura ambiente. Dopo averle lasciate riposare per un paio di ore le lumache si puliscono con un telo per eliminare eventuali residui viscidi e si mettono a bagno nel vino bianco per oltre un’ora, infine si passano in un colino e si lavano con acqua corrente, ora sono pronte per la cottura.
LA COTTURA Preparare un soffritto con olio e burro mescolati a cipolla tritata, appena e’ pronto il soffritto inserire le lumache e bagnarle con il vino bianco e lasciare evaporare, poi un po’ di pomodoro per dare colore, aggiungere sale e pepe con un ciuffetto di prezzemolo tritato, sedano, noce moscata e portare a cottura con fuoco molto lento per oltre tre ore.
INGREDIENTI (per 4 persone) Circa 40 lumache, olio extravergine di oliva, sale, pepe, aglio, cipolla, prezzemolo, pomodoro, noce moscata, 50 gr. di burro, sedano e vino bianco.
Da notare che in una variante di questa ricetta, si lasciano le lumache per alcuni giorni nella crusca per poi dare inizio alla procedura come sopra descritto, iniziando con lo sbollentare le stesse. Un’altra opzione consiste nel porre a bollire le lumache ancora chiuse nel suo guscio per circa mezzora, poi le si estrae dal guscio e si procede ad un intenso lavaggio con acqua tiepida, sale, aceto e una manciata di farina gialla, si sfregano con cura finchè non si percepisce più il viscido e quindi si procede al lavaggio in acqua corrente. Per quanto riguarda l’abbinamento io suggerisco un rosso piacentino non eccessivamente complesso. Opterei per un Cabernet Sauvignon con alcune opzioni: “Stra’Volto” (Gaiaschi), “Luna Selvatica” (La Tosa), “Pirlòt” (Il Ghizzo), “Corbeau” (Luretta) o “Perticato dei Novarei” (Poggiarllo)
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