Ambiente, attivismo, arresto: il cappotto rosso di Jane Fonda
Come altri 3 milioni di italiani, ho visto Jane Fonda a “Che tempo che fa” incitare alla disobbedienza civile per sensibilizzare il mondo alla tutela dell’ambiente: una vita di attivismo culminata nelle azioni dimostrative dei Fire Drill Fridays davanti al Campidoglio a Washington che l’hanno fatta finire in carcere cinque volte.
È compito di una persona famosa scuotere le coscienze, esporsi, battersi, sbattersi: ecco, Jane Fonda si batte e si sbatte, e da sempre usa la propria “persona” per farsi riconoscere in nome di una causa. E per farsi riconoscere ancora meglio si è messa un cappotto rosso, che, racconta nell’intervista a Laura Pezzino, è l’ultima cosa che ha comprato, ispirata a sua volta da Greta Thunberg (uscirà in sala a novembre “I am Greta”), che nel suo libro “La nostra casa è in fiamme”, dedica un capitolo ai danni provocati dallo shopping.
Il suo account Twitter è decisamente in fiamme, invita a votare, a fare volontariato, ad essere presenti, a partecipare: questa donna ci fa sognare da tutta la vita. La prima volta che l’ho vista al cinema era Judy Bernly nella commedia brillante Nine to Five, un film del 1980 che esplora e celebra le capacità della gestione aziendale gender oriented.
Uomini, so di avere usato un parolone spaventoso, ma giuro non è una lezioncina, fa ridere, guardate qui:
Con lei c’è anche Lily Tomlin, che ritorna nella cosa migliore alla quale la Fonda ha partecipato dopo quel film, ovvero “Grace e Frankie”, la serie distribuita da Netflix che dal 2014 ci racconta la storia di queste due donne settantenni abbandonate dai mariti, che, dopo essere stati soci in affari per vent’anni, confessano di essere innamorati da anni e di volersi sposare.
Uomini, mi dispiace ma no, non sto per mettere una foto di Barbarella per consolarvi, ma non posso non mettere in fila una manciata di titoli tra i miei preferiti, lo sgangherato western “Cat Ballou” con Lee Marvin con il suo commento cantato e accompagnato dai banjo, i dialoghi stupendi di Neil Simon in una delle commedie romantiche più belle della storia del cinema con Fonda e Redford giovani e innamorati cosìiiiiiii in “A piedi nudi nel parco”, la Bree Daniels di “Una squillo per l’ispettore Klute” che le ha fatto vincere il primo Oscar, (il secondo Oscar l’ha vinto con “Tornando a casa”, nel 1979, in un anno di titoli e interpreti over the moon), e “Sindrome Cinese”, per Jack Lemmon.
Uomini, non voglio fare allarmismi, ma qui vi stanno rubando la scena.
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