“Bang Bang Baby” dentro o fuori la televisione
La nuova serie italiana Amazon Original inizia facendo passare su una televisione “Come le foglie al vento”, continua con una storia di Big Babol e procede con una ragazzina che si sottopone a un rito di iniziazione malavitoso: parte molto bene “Bang Bang Baby”, produzione The Apartment e Wildside del gruppo Freemantle, sviluppando la storia vera di Marisa Merico, narrata nel libro “L’intoccabile”. Marisa (qui Alice, interpretata da Arianna Becheroni) scopre durante l’adolescenza che suo padre Santo Barone (Adriano Giannini) è ancora vivo, incarcerato e appartenente a una potente famiglia della ‘ndrangheta calabrese. Decide quindi di cercarlo, riallacciando i contatti con il resto della famiglia Barone, che ordinariamente gestisce spaccio di droga, corrompe politici per aggiudicarsi gli appalti di Malpensa, elimina i nemici facendoli divorare dai maiali.
Mescolando coming of age, drama, crime, immaginario pop coloratissimo anni ’80, “Bang Bang Baby” ha idee, stile, visione, personaggi ben disegnati e soprattutto protagoniste femminili importanti che ruotano intorno ad Alice, come la stupenda Nonna Lina di Dora Romano (vista recentemente nel ruolo della maestra Oliviero de “L’amica geniale” e in quello della signora Gentile in “È stata la mano di Dio”) che dopo la morte del marito, per il quale porta il lutto da quattordici anni, tiene in mano le redini dell’organizzazione così saldamente da arrivare a candidarsi come prima donna per la posizione di “santista”, la cugina Assunta di Giorgia Arena, aspirante maga che somiglia tantissimo a Talia Shire e che arriva al Nord Italia per farsi incantare dalle meraviglie di Cologno Monzese, la parrucchiera Giuseppina (Denise Capezza) e la madre Gabriella (Lucia Mascina).
Guardati ora, sullo schermo, gli anni ’80 sembravano un mondo più facile: le tv private ci dicevano che “i sogni diventano realtà”, giravano i soldi del paese che precipitava nel debito pubblico, le ragazzine scoprivano con delusione che i sofficini non hanno mai avuto il sorriso, la musica era strepitosa e in una manciata di puntate si sentono Joy Division, Talking Heads, Bronski Beat e Talk Talk. Certo, quei vestiti orrendi e quelle pettinature cotonate hanno sempre rovinato tutto, e meno male che era un mondo senza cellulari, altrimenti quelle foto ci perseguiterebbero per il resto della nostra vita.
In ogni caso “Bang Bang Baby” funziona e porta avanti la sua estetica curatissima al neon, Big Babol giganti, pioggie di M&M’s, sit-com americane, boy scout calabresi, parrucchini di Cesare Ragazzi, ossessioni per George Michael (altro grande personaggio il Nereo Ferraù di Antonio Gerardi) con una trama da black comedy mai banale che, trascinata dalla sua protagonista Alice verso scelte sempre più pericolose, nel finale di queste prime cinque puntate (le prossime cinque arriveranno il 19 maggio) si spinge fino a anticipare una scivolata nel soprannaturale. E poi sono una grande fan di donne che bruciano macchine.
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