Come usiamo le emoji? Una ricerca americana ci dà alcune risposte
Le usiamo tutti i giorni e servono a rafforzare o sostituire concetti al posto delle parole. Stiamo parlando delle emoji, le “faccine” che utilizziamo oramai ovunque, soprattutto quando chiacchieriamo sui social o sui servizi di messaggistica. La nascita di questi simboli pittografici risale alla fine degli anni Novanta, in Giappone, il cui primo set di immagini venne realizzato nel 1997 dall’operatore telefonico giapponese J-Phone. Seppur la paternità delle emoji sia spesso attribuita, erroneamente, al grafico nipponico Shigetaka Kurita – membro del team della piattaforma i-mode della NTT DoCoMo – le popolari immagini hanno assistito al successo solo quando il Ceo di SoftBank – la compagnia che successivamente acquisì J-Phone – riuscì a convincere Apple a inserire le emoji all’interno del suo primo i-Phone nel 2008. Bisogna, tuttavia, attendere il 2011 quando nella quinta versione di iOS le mitiche “faccine” fecero la loro comparsa a livello internazionale, conquistando il pubblico di tutti gli utenti di smartphone – al punto che nel 2015 il prestigioso Dizionario di Oxford ha definito parola dell’anno la faccina con le lacrime di gioia. Nello stesso anno, la Oxford ha riconosciuto l’impatto delle emoji sulla cultura popolare, al punto che lo stesso Presidente di Oxford Dictionaries, Caspar Grathwohl, affermò: «Gli alfabeti tradizionali hanno sempre fatto fatica a soddisfare le richieste rapide e visivamente focalizzate della comunicazione del 21esimo secolo. Non sorprende che uno script pittografico come le emoji sia intervenuto a colmare queste lacune: è flessibile, immediato e dà un impatto incredibile». Vista la portata culturale del fenomeno, non sono mancati negli anni studi e ricerche che ne hanno preso in esame la tendenza. A livello linguistico, infatti, le emoji vengono utilizzate per comunicare uno stato emotivo, e la loro funzione è principalmente positiva o, come sostengono alcuni ricercatori, possono essere utilizzate per retorica visiva. In altre parole, pur non avendo un vero significato intrinseco, spesso questi pittogrammi hanno una funzione di paralinguaggio, in quanto aggiungono e rafforzano un significato al testo, offrendo al contempo chiarezza e credibilità al testo. Eppure, nonostante siano così amate e utilizzate, si scopre che non tutti gli utenti le usano nel modo appropriato.
Secondo una ricerca pubblicata a marzo di quest’anno e condotta dalla Preply – una piattaforma statunitense che si occupa di studiare le lingue – si scopre che alcune delle emoji più popolari spesso vengono utilizzate e comprese con un significato errato rispetto a quello originale. Stando ai dati evinti dallo studio, l’uso di un’emoji da parte di qualcun altro ha causato confusione nell’81% dei casi, e quasi la metà (il 48% degli intervistati) ha interpretato nel modo sbagliato una emoji al punto da creare una anche situazioni piuttosto scomode e sgradite.
Tra le emoji pubblicate nel 2024 ad aver generato più confusione tra gli utenti, stando a quanto riportato da Preply, è l’emoji della fenice. Qual è il suo significato? Rinascita? Resilienza?
Gli utenti sono ancora alle prese con il suo significato. Resta, tuttavia, molto divertente il dibattito attorno a tre emoji nello specifico che, a quanto pare, sono quelle che generano più confusione in generale, a partire da quella in cui ci si dipinge un dito con lo smalto. Se il 40% usa l’icona per indicare classe o eleganza, il 23% sostiene che il suo significato sia semplicemente «Ho fatto la manicure/Ho messo lo smalto» (che è il vero significato), mentre il 22% attribuisce ad esso il significato di «Non preoccuparti di me» e «Chi se ne frega».
E la faccina con gocciolina dal naso? La metà degli intervistati gli attribuisce un significato di tristezza, mentre il 29% ritiene che sia una faccina che indica sonnolenza. Tra le più confuse in assoluto? L’emoji con le mani giunte. La maggior parte degli utenti interpellati individua in essa un atto di preghiera, ma in realtà si tratta di un gesto usato in Giappone per dire «per favore» e «grazie». Tra le più curiose? La scimmietta che si copre gli occhi con le zampine: se è vero che la maggior parte delle persone è convinta che significhi «Ops», il significato dietro questa immaginetta, in realtà, fa parte di un proverbio giapponese, ossia «non vedere il male, non sentire il male, non parlare male » – da qui le altre due emoji con la scimmia, di solito sono consequenziali ad esse, che si coprono orecchie e bocca.
Per i più curiosi, esistono diversi siti online che spiegano in modo dettagliato i veri significati dietro ciascuna emoji (tra questi, il più utilizzato è Reader’s Digest), in modo da non farsi cogliere impreparati nel loro prossimo utilizzo.
di Fabrizia Malgieri
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