Con “Kingdom Come: Deliverance II” rivive la Boemia del medioevo

Il videogame è ambientato, come il suo predecessore, nel 1403 e dai dettagli emerge grande attenzione alla fedeltà storica

Nonostante anni e anni di studio, sappiamo molto poco sul medioevo e quel che sappiamo è spesso infarcito di vecchi luoghi comuni, duri a morire. Ultimamente qualcosa è un po’ cambiato grazie a numerosi contenuti di divulgazione come quelli di Alessandro Barbero, ma certi immaginari continuano a perdurare. Per esempio, si fa sempre confusione quando si parla di “caccia alle streghe”, che riguardò un differente periodo storico (nel medioevo ci si preoccupava molto di più per gli eretici). Oppure siamo pieni di falsi strumenti di tortura, che sono stati inventati secoli più tardi per far vedere quanto i medievali fossero perversi. Per inciso, ciò non significa che nel medioevo non ci fosse la tortura; significa semplicemente che utilizzavano dei sistemi molto meno creativi e ingarbugliati. Non serve inventare la vergine di ferro o la culla di Giuda per far “cantare” un prigioniero.

Considerando questa lunga tradizione, ci si stupisce quando ci si trova davanti a un videogioco come il recente Kingdom Come: Deliverance II, che al pari del suo predecessore è ambientato nel 1403 nel Regno di Boemia (attuale Repubblica Ceca) e che presta molta attenzione alla fedeltà storica. Lo si vede in numerose componenti del gioco, dalle meccaniche di combattimento alla ricostruzione degli ambienti. In Kingdom Come: Deliverance II giochiamo nei panni di Henry di Skalitz, un fabbro che è divenuto un uomo d’armi e che si trova coinvolto nel turbinio di scontri tra re Venceslao IV e Sigismondo di Lussemburgo.

Al pari di altri videogiochi di ruolo, Kingdom Come: Deliverance II lascia al giocatore ampia libertà nella scelta dell’approccio da seguire, nei dialoghi con altri personaggi, nell’esplorazione e nei combattimenti. Per ciascuno di questi elementi il team di sviluppo ha cercato di bilanciare divertimento e fedeltà storica. La rappresentazione delle armi, delle armature e delle tecniche di combattimento offrono un buon esempio. Il sistema di combattimento è più complesso di quello che si vede in altri videogiochi similari, proprio per tentare di avvicinarsi al reale impiego di certe armi. Spingere più di così sulla fedeltà storica lo avrebbe probabilmente reso troppo complesso e noioso, visto che già così non piace a tutti.

Un’altra caratteristica distintiva del titolo è la rappresentazione degli ambienti cittadini. Anche qui, il team ha cercato di andare al di là del solito, generico, immaginario del borgo medievale presente in numerosi film, per andare a mostrare le dinamiche economiche e sociali di quel preciso contesto temporale e spaziale. Effettivamente tendiamo troppo spesso a pensare l’Europa medievale come una sorta di blocco unitario, con poche differenziazioni temporali e spaziali al suo interno. Il che non è molto sensato, tuttavia, se ci si pensa un attimo. Ecco allora che in Kingdom Come: Deliverance II si è cercato di mostrare la specificità di Kuttenberg (oggi chiamata Kutná Hora), la principale città in cui si svolgono gli eventi del gioco. Come accennato, nel gioco è possibile fare un gran numero di scelte differenti, legate a una grande varietà di dialoghi. Gli sviluppatori hanno rivelato che la sceneggiatura di Kingdom Come: Deliverance II contiene circa due milioni e duecentomila parole. Per avere un confronto, la trilogia del Signore degli Anelli ne contiene poco meno di seicentomila. E poi dicono che si legge poco, coi videogiochi…

di Francesco Toniolo

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