Cos’è Sora, la nuova intelligenza artificiale che oggi “spaventa” il mondo di Hollywood
Chissà cosa avrebbe pensato René Magritte se avesse guardato un video con un gruppo di divertenti cagnolini che giocano nella neve, realizzato ad hoc da un’intelligenza artificiale. Ceci n’est pas un chien? Forse no. Già, perché ciò che vediamo nel filmato non si limita ad essere la rappresentazione di qualcosa di reale – come, invece, sostenuto criticamente dall’artista quando dipinse la sua pipa, rinnegando la pittura classica e, dunque, il legame indissolubile di realtà e immagine; no, ciò che vediamo semplicemente non esiste. Open AI, l’azienda dietro ChatGPT, ha presentato pochi giorni fa una nuova applicazione chiamata Sora che è in grado di creare video – in alcuni casi, veri e propri trailer dal sapore hollywoodiano – con personaggi e ambientazioni che non esistono nel mondo reale, ma ne sono una loro rappresentazione visiva. Come funziona? Esattamente come ChatGPT: in questo caso, l’aspirante cineasta inserisce un comando attraverso un prompt testuale e Sora è in grado di generare filmati molto realistici. Rispetto ad altre applicazioni già esistenti, come il “text-to-video” sviluppato da Google, la nuova app di Open AI ha la grande capacità di dare vita ad esperienze visive incredibilmente fotorealistiche, e anche piuttosto lunghe rispetto alla concorrenza (la durata massima è di circa un minuto). E il risultato, come è facile intuire, è davvero straordinario.
Se si prova a dare un’occhiata al sito ufficiale https://openai.com/sora, ci sono diversi esempi interessanti di ciò che è in grado di produrre questa intelligenza artificiale. Sora, infatti, è capace di generare scene complesse con più personaggi, con specifici movimenti di macchina e dettagli accurati dei soggetti e degli sfondi. Oltre al video con i simpatici cuccioli di Labrador che si rotolano nella neve, ci sono alcuni filmati che catturano l’attenzione e che potrebbero letteralmente far “tremare” Hollywood. Tra questi, c’è il trailer di un film di fantascienza, realizzato con attori non reali, che è impressionante: nonostante siano evidenti alcune “stranezze” che rendono parzialmente innaturali alcuni dettagli, la struttura narrativa del trailer è solida e credibile, così come il montaggio e i movimenti di macchina.
Questo è possibile perché Sora è in grado di dare vita a più riprese all’interno di un singolo video, in cui i personaggi e lo stile visivo imprimono una qualità fortemente cinematografica. Molto affascinante è anche il video di una giovane donna che passeggia elegante per le strade di una grande metropoli orientale: le luci al neon, così come i riflessi delle pozzanghere, sono vivi, pulsanti, restituiscono uno scenario incredibilmente realistico, quanto meno ad un primissimo sguardo.
Tuttavia, tutto cambia quando si prova ad osservare il video frame-by-frame: guardando il filmato più volte ci si accorge dell’innaturalezza e dell’incertezza della macchina da presa che segue la donna che cammina, soprattutto se si osserva il modo in cui quest’ultima si staglia rispetto allo sfondo. Le ombre che la donna genera camminando sono altrettanto imprecise, e – più in generale – la sensazione è che genera è quello di un chroma key (una delle tecniche utilizzate dall’audiovisivo per realizzare effetti di sovrapposizione di due diverse immagini o due diversi video) realizzato in modo approssimativo. Dando un’occhiata agli scalini che contornano il marciapiede su cui passeggia la donna, anche in questo caso ci si accorge di dettagli imprecisi e posticci che rendono l’immagine meno realistica del previsto.
Nonostante questi difetti, l’esercizio di world-building messo a punto da Sora è impressionante, e sarà interessante capire in che modo questo applicativo potrà essere utilizzato nel prossimo futuro. Se è vero che dispositivi di intelligenze artificiali come Sora hanno già messo più volte in discussione il lavoro e il settore creativo, c’è un aspetto che spesso non viene tenuto in considerazione quando si parla delle potenzialità dell’intelligenza artificiale: il fattore umano. Perché se è vero che i software di intelligenza artificiale sono in grado di ricreare un’immagine a là Wes Anderson, a là Quentin Tarantino o à la Orson Wells, ad esempio, l’intelligenza artificiale è in grado di creare un Wes Anderson ex novo?
Chiamiamola provocazione, ma il punto è esattamente lì: un’intelligenza artificiale non è in grado di sostituirsi all’inventiva e alla creatività di un essere umano. E il motivo è semplice, quasi da rasoio di Occam: perché un’intelligenza artificiale abbisogna ancora fortemente di un essere umano che scriva un prompt, che gli dia un input, che prema un tasto “start”. Prodotti come Sora possono fungere da supporto all’inventiva umana, ma non da sostituto: la macchina è ancora al servizio dell’umano. E non ancora, o forse mai, il contrario.
di Fabrizia Malgieri
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