Da “Delitto e castigo” di Fëdor Dostoevskij al videogioco Silent Hill 2
A volte i videogiochi traggono ispirazione da fonti inaspettate. Come nel caso di Silent Hill 2, un horror giapponese pubblicato nel 2001 e appartenente a una delle più importanti serie horror del medium. Il gioco racconta l’onirica e inquietante storia di James Sunderland, che parte per la città di Silent Hill dopo aver ricevuto una lettera da sua moglie Mary Shepherd, che era morta tre anni prima. Di recente, l’interesse verso questo videogioco si è riacceso, visto che il 7 ottobre è stato ripubblicato in una versione remake, con una nuova veste grafica e alcuni cambiamenti rispetto all’originale.
Silent Hill 2 è ricco di curiosità. Una di queste riguarda un’inattesa fonte di ispirazione che è stata citata da uno dei creatori del gioco: il romanzo “Delitto e castigo” del 1866, scritto da Fëdor Dostoevskij. Il legame tra le due opere è stato citato in un’intervista da Takayoshi Sato, che è stato CGI director e Character Designer dell’originario Silent Hill 2. A un primo sguardo, questo legame sembra difficile da cogliere. Cosa c’entra una nebbiosa (e immaginaria) città statunitense, piena di mostri, con la storia dell’ex studente di legge Rodion Romanovi Raskol’nikov raccontata in uno dei capolavori della letteratura russa? Tuttavia, se ci si ferma un attimo a osservare le tematiche del videogioco, è possibile intuire come mai Takayoshi Sato abbia citato “Delitto e castigo”. Nonostante le due storie siano molto diverse, ci sono delle tematiche comuni.
Per cominciare, il tormento interiore del protagonista di James Sunderland è ben presente e ancorato al rapporto tra la colpa, la sofferenza e la punizione. L’orrore nebbioso di Silent Hill 2 è quasi un pretesto per andare a scavare in un altro e più profondo orrore, quello intimo, che sconvolge James Sunderland. Nella sua parabola trasformativa non è difficile leggere la disperazione e la paranoia del Raskol’nikov di Dostoevskij. Per entrambi i personaggi, l’ambiente circostante diviene un riflesso della loro psiche. Nel caso di Delitto e castigo ci si trova davanti a una San Pietroburgo ostile, in cui è facile trovarsi isolati nonostante la folla. Soprattutto se si è poveri e si vive nei bassifondi della città, in un minuscolo appartamento. In Silent Hill 2 è invece la nebbia avvolgente il principale corrispettivo ambientale del turbamento interiore. Immersa in questa perenne foschia isolante, la città di Silent Hill si trasforma in una sorta di realtà parallela influenzata dagli stati d’animo e dalle paure di James Sunderland. C’è poi l’ambiguità del finale di Silent Hill 2, legata anche al fatto che non c’è una sola conclusione possibile e – senza fare spoiler – il giocatore si ritrova con diversi interrogativi sulla possibilità di una redenzione per le proprie colpe. Delitto e castigo insiste molto sul percorso che conduce alla redenzione e alla salvezza, attraverso la sofferenza. Il titolo stesso del romanzo allude al delitto di Raskol’nikov, che ha compiuto un omicidio, e al suo tormento interiore, che rappresenta l’effettiva punizione per il gesto compiuto.
Silent Hill 2 è quindi un interessante esempio per parlare di come certi classici della letteratura continuino a essere “parlanti” e capaci di ispirare nuove produzioni. E forse la maggior parte dei giocatori non aveva in mente “Delitto e castigo” durante le loro partite, ma il fatto che questo gioco sia stato molto apprezzato per il suo scavo psicologico non è cosa da poco. Evidentemente ha saputo far risuonare in un nuovo pubblico gli spunti di riflessione forniti da Dostoevskij.
di Francesco Toniolo
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