Dante Alighieri “pop”, la sua Commedia è un videogioco. E’ il primo “level designer”
I videogiochi affondano le loro radici nella Divina Commedia ben più di quanto si potrebbe pensare. C’è molto altro, al fianco di videogiochi come Dante’s Inferno di Visceral Games pubblicato nel 2010. Quello in cui Dante Alighieri è un crociato che combatte con la falce rubata alla morte per salvare l’anima di Beatrice, rapita da Lucifero. Quello in cui è possibile assolvere o condannare demoni e peccatori. Quello in cui Cleopatra è una gigantessa, Caronte si è fuso con la sua barca e Cerbero somiglia più a un verme gigante che a un cane. Un videogioco d’azione con tanti elementi curiosi, ma che è difficile considerare un adattamento fedele. C’è molto altro anche considerando i diversi altri prodotti che si sono ispirati all’Inferno.
Il legame più interessante tra Dante e i videogiochi è infatti sotterraneo, meno evidente. È stato messo in risalto in un contributo di Scott Rogers, nel libro Architectural Approach to Level Design (curato da Christopher Totten). Rogers elenca i tre “padri” dei livelli videoludici: Disneyland, Hyboria e l’Inferno dantesco. Dante Alighieri è stato il primo a inserire – in un testo che è divenuto ben noto a livello mondiale – qualcosa di simile ai livelli tematici dei videogiochi. Con “livelli tematici” si intende la suddivisione delle aree, in genere ben scandita e legata a specifici temi, che aiutano a rendere internamente coerente una zona e, al tempo stesso, subito distinguibile dalle altre. Gli esempi più classici sono i livelli legati al fuoco e al ghiaccio, ma si possono trovare tantissimi altri casi. Nemici, musiche, enigmi e quant’altro richiameranno il tema scelto per quel livello, fornendogli una sorta di genius loci, di caratteristico spirito del luogo.
Dante Alighieri faceva tutto questo ben prima che esistessero i videogiochi. Il suo Inferno è suddiviso in aree specifiche, al cui interno tutto ricorda il tema selezionato, che in questo caso è il peccato dei dannati. Si può pensare all’esempio dei golosi, che per il contrappasso vivono sommersi nel fango, sotto una pioggia puzzolente (tutto il contrario dei cibi raffinati che avevano ingurgitato in vita) e vengono dilaniati da Cerbero, che si nutre delle loro carni. Le precedenti rappresentazioni degli inferi, almeno nella cultura occidentale, non erano così internamente scandite e segmentate.
Ciò significa che, quando hanno iniziato a comparire i primi livelli tematici, i creatori dei videogiochi si sono ispirati a Dante? No. Non direttamente, perlomeno. Così come non avevano per forza in mente Disneyland quando hanno iniziato a ragionare sulla navigabilità di quegli spazi, per offrire illusioni di ampiezza e guidare i giocatori attraverso lo sguardo, in modo implicito. Ma sia Disneyland sia – soprattutto – l’Inferno di Dante hanno fatto scuola. Poi, attraverso passaggi talvolta indiretti e talvolta ampiamente mediati, tutto ciò è confluito nei videogiochi.
È solo uno dei tanti spunti possibili. Si potrebbero citare anche gli scontri con i boss, i nemici particolarmente potenti che si incontrano alla fine di un livello. Sono spesso figure imponenti, molto più grandi del protagonista. Devono essere tali, per segnalare fin da subito la loro forza e il fatto che non saranno dei bersagli facili. Talvolta è possibile persino arrampicarsi su di essi. Non ricordano Lucifero, il “boss finale” dell’Inferno sulla cui pelliccia si arrampicano Dante e Virgilio?
di Francesco Toniolo
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