E senza usare mai la parola “distopico”


E’ appena uscita su Sky “Anna”, regia di Ammaniti da libro di Ammaniti, una mini serie visionaria ambientata in un mondo post pandemico dove a una strana influenza sopravvivono solo i bambini: il libro è del 2015, le riprese sono iniziate prima della nostra pandemia, tutto innocente, niente furberie, anzi, nel mondo di bambini di Ammaniti c’è sempre molta sensibilità e intelligenza.
Ma non è di “Anna” che parla questo pezzo, perché questo pezzo parla di quelli che, sempre in epoca pre-pandemica, hanno riso in faccia all’Apocalisse. Come quelli di “Benvenuti a Zombieland” (disponibile su Chili), che nel 2009 hanno fatto un zombie movie da ridere con Jesse Eisenberg, Woody Harrelson, Emma Stone e Bill Murray che interpreta Bill Murray.

È un filmetto eh, ma ha stile, ritmo, una buona scrittura, gli attori giusti, è divertente (e sono poche le cose che trovo divertenti) e, a sorpresa, ha incassato talmente tanto che ne hanno fatto un seguito: purtroppo lo sappiamo tutti che, a parte alcune eccezioni (Terminator 2, Il padrino II, Logan, Fast and Furious 7, Syfall, Fury Road, The Dark Knight eccetera), “sequel sucks” e “Zombieland: Doppio Colpo” resta fuori dalla parentesi.
E comunque non sono stati i primi: nel 2004 quel folle inglese di Edgar Wright scrive insieme a quell’altro folle di Simon Pegg (quel tizio con i capelli rossi che fa la spalla a Tom Cruise nei “Mission: Impossibile”) il primo capitolo della “Trilogia del cornetto” che poi Wright dirige e Pegg interpreta (PAUSA DRAMMATICA dove vi dico che se non li conoscete questi li dovete vedere perché io non rido mai e se dico che fanno ridere mi dovete credere e per l’amor del cielo non guardateli in italiano. I primi due sono su Prime, l’ultimo su Chili per due spicci) che nel titolo italiano contiene la parola “dementi” e quindi decido di non usarlo e di chiamarlo come si chiama ovvero “Shaun of the dead”, che per tanti non significa niente ma per qualcuno forse sì. In ogni caso il film non ha niente di demenziale (Io detesto il demenziale) ma, al contrario, contiene verità sufficienti per essere un credibile film di zombie zeppo di humour inglese e, cosa che lo rende caro al mio cuore nero, è un enorme omaggio a Romero tutto. E infine, COLPO DI SCENA, ha ritmo!

Salto “Hot Fuzz” del 2007 che grazie al cielo non ha una traduzione italiana (ma è decisamente sopra al primo film, torna il ritmo, il lavoro sui generi, la bella scrittura eccetera ed è tutto più compatto) per approdare a “La fine del mondo”, del 2013, che, pur continuando a essere un film totalmente folle, è il mio preferito:

Racconta la storia di quattro amici che dopo vent’anni tornano nella loro città natale per finire il giro dei pub, continuare a bere e arrivare all’ultimo pub, che si chiama per l’appunto “The world’s end”. Oh certo, c’è anche una storyline sulla vera fine del mondo che questa volta omaggia Carpenter, ma quello che letteralmente mi fa impazzire di questo film è QUESTA scena

 

 

che credo sia una delle mie preferite della storia del cinema e che riassume perfettamente, in un minuto, la cifra del film, e che ridere dell’Apocalisse, facendo salvare il mondo dagli ubriaconi, e pure con stile, si può.

 

Ci prova anche quell’indie di Jim Jarmush, che non puoi non amare anche quando sei di fronte ad un film minore: anche lui si cimenta con la rivisitazione dei generi e dopo i magnifici vampiri rock Tom Hiddleston e Tilda Swinton di “Only Lovers Left Alive” del 2013, mette in scena lo zombie-movie più lento della storia nel 2019, “Dead don’t Die”. Ma lui tra onore e gloria ci apre Cannes, perché il brand Jarmush è per cinefili. La sua apocalisse zombie è come sempre immersa nella straniante atmosfera jarmushiana ed è osservata dal punto di vista di un paesino di campagna tra Cleveland e Pittsburgh, che con il suo bar, motel, ferramenta, stazione di benzina e stazione di polizia ci riporta subito in mente i luoghi di Twin Peaks, anche perché in questa Centerville ci sono tutti: dalla becchina scozzese al benzinaio nerd al contadino trumpiano agli hipster di passaggio, e questi tutti sono interpretati da un cast stellare, Adam Driver, ovviamente Bill Murray, Tilda Swinton, Chloë Sevigny, Steve Buscemi, Selena Gomez e ci sono grandi nomi anche per i personaggi minori, il narratore homeless è Tom Waits, Iggy Pop-zombie è vestito da Iggy Pop, Carol Kane ubriacona in cerca di Chardonnay. È lo zombie movie di Jarmush, ma vuoi non partecipare?

 

E adesso, che i cinema stanno per riaprire e che partiamo partiamo non vedi che siamo partiti ormai? Adesso l’Apocalisse è un romanzo di formazione, è “Love and Monsters” su Netflix, anche questo pensato tanti anni fa ma realizzato solo l’anno scorso. Il mondo è pieno di insettoni giganti, i sopravvissuti vivono nei bunker, spaventati e soli, finché qualcuno non decide che è ora di provare a mettere la testa fuori. Niente eroi, molta desolazione, mostri interessanti, una parte sentimental-ispirante gestita semplicemente, tanti anni ’80. Anche con i mostri che vogliono mangiarti l’amore è complicato.

 

© Copyright 2024 Editoriale Libertà