Eddie Vedder tra carriera solista e Pearl Jam: “Per me la musica nasce sempre dalla stima e dall’amicizia”
Altra cronaca dalla Royal Albert Hall di Londra. Ma, soprattutto, altra storia.
Eddie Vedder, il frontman dei Pearl Jam, non arriva in Rolls Royce come Robert Plant all’evento “Ovation” per il Teenage Cancer Trust. Raggiunge la location a piedi, le chitarre lo attendono già in scena. Un largo cappello a proteggerlo dal vento – ma forse anche dalla folla, visto che se lo tiene anche durante le sue performance (in una serata con gli Who e poi come solista, raggiunto a un certo punto da Glen Hansard, suo grande amico e collaboratore). Uno zainetto sulle spalle e il sorriso gioviale, quasi intimidito dalle prime richieste di autografi da parte di un gruppetto di fan, lì fuori ad attenderlo.
Eddie Vedder è uno di noi. Nonostante la sua bravura, nonostante la sua notorietà. Te ne accorgi appena mette piede in palcoscenico. «Da ragazzo, appena ho iniziato ad ascoltare musica e a suonare la chitarra, gli Who mi hanno salvato la vita. Li ho conosciuti 30 anni fa e ho subito capito che Roger Daltrey e Pete Townshend erano i due esseri umani migliori al mondo, per me. E oggi continuano ad esserlo».
Ancora una volta, suonerà con Glen Hansard. Parliamo di questa vostra collaborazione, ormai consolidata.
«E con Simon Townshend. A legarci, anche in questo caso, è una forte amicizia. Non è un caso: per me non può nascere nulla di buono musicalmente, se alla base non c’è armonia. Essere musicisti professionisti significa rendersi disponibili a suonare con altri colleghi, non sempre ci si conosce a fondo, ma difficilmente potrei ottenere buoni risultati con qualcuno che non stimo. Mi sono trovato bene lavorando con amici come gli Who, Neil Young, Crowded House, R.E.M… con Glen, la collaborazione è ormai lunga e solida, non solo in quanto lui fa parte degli Earthlings, abbiamo anche lavorato per alcune colonne sonore, a partire da quella per il film “Flag Day”».
Il suo rapporto con il cinema è forte, non solo per quanto riguarda le colonne sonore. Lei è apparso in pellicole cult, a partire da “Single” nel 1992.
«Il mondo del cinema mi ha sempre affascinato, anche se sono sempre apparso come special guest o musicista. Non sono bravo come Glen: lui è irlandese, ha la cultura del teatro che gli scorre nel sangue. La sua partecipazione a “The Commitments” era nelle sue corde, ma mi ha davvero stupito in “Cyrano” (il film di Joe Wright del 2021, ndr). Ammiro moltissimo chi ha questo talento eclettico e porta la sua sensibilità musicale in altri campi».
Veniamo ai Pearl Jam. Il vostro nuovo album “Dark Matter” uscirà il 19 aprile, ma la sua dichiarazione sul fatto di avere ancora “uno o due album” davanti ha preoccupato i fan.
«Lo penso davvero. Ha a che fare con il trascorrere del tempo e l’esigenza di fare esperienze diverse, la consapevolezza di aver raggiunto una maturità, anche artistica, che ti porta a pensare e produrre un disco in modo diverso, oggi».
Lei non sembra temere la vecchiaia, fatto raro in ambito rock.
«La vecchiaia per me è un valore aggiunto. Ho perso tanti amici cari e ne vedo altri, più vecchi di me, che continuano a fare musica. Quello è l’obiettivo. Ma guai a perseguirlo cercando di essere quello che non si è più. Con il passare degli anni, la mia vita ha conquistato senso e consapevolezza, dal punto di vista privato e artistico».
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