Gli approdi classici dei Big del rock, da McCartney a Costello
Come funziona la musica. Prendo in prestito il titolo di un bellissimo libro di David Byrne, che consiglio a tutti, per parlare degli approdi classici dei Big del rock, o del pop o del genere che preferite. Penso, ad esempio, a quante e a quali perle l’immenso (e da me adorato) Charles Mingus attinse da Debussy, Ravel e Shoenberg per tanti suoi lavori che fecero storcere il naso a parecchi jazzomani.
Ad ogni modo, l’opportunità di analizzare lavori come “Liverpool Oratorio” di Paul McCartney, “Classic Quadrophenia” di Pete Townshend o dell’opera che Elvis Costello ha dedicato a Hans Christian Andersen – passando per gli album con il Brodsky Quartet e Sofie von Otter – pone subito in una posizione doppiamente scomoda. Da un lato, ci sono i fan dell’artista, che solitamente tendono ad acquistare l’ennesimo album e poi a riporlo, dopo pochi ascolti (uno?), e dall’altro c’è l’élite, qualunque cosa significhi “élite”, del mondo musicale classico.
Fermo restando – e questo non dovrei scriverlo, tanto è scontato – che ogni opinione è legittima, e se espressa con buone argomentazioni anche interessante, viene da chiedersi perché, tra le miriadi di materiale scritto su Macca (uno che avrebbe il senso della melodia anche girando in bicicletta, a testa in giù), i suoi lavori classici vengano messi in disparte. Come a dire: “Poteva permetterselo, ha fatto anche questo”. Sì, certo. Ma come? Partendo da dove e per giungere a quale approdo – personale, artistico, sperimentale?
Tra le mie esperienze più felici, c’è stata quella di accompagnare, in varie occasioni, Elvis Costello durante la stesura del suo balletto “Il sogno di una notte di mezza estate”, poi perfezionato dalla collaborazione con il geniale Mauro Bigonzetti, coreografo e direttore di Aterballetto. Lo spettacolo, rappresentato anche al Teatro Municipale, è un mix di format musicali romantici ma innovativi, di chiara impronta costelliana, che evoca tutti gli elementi del teatro: la fiaba e i personaggi che la animano, ma soprattutto il motore che dà loro la vita ossia il fuoco che agita le passioni degli uomini e che la musica sa esprimere in modo universale almeno quanto la scrittura di Shakespeare.
Elvis Costello è poi tornato alla canzone, tanto che ha appena lanciato “No Flag”, un brano di sicuro impatto. Lo stesso ha fatto Paul McCartney, che con Costello ha collaborato in passato realizzando alcune canzoni post-Beatles inarrivabili. Doveva venire in tour in Italia, ma il coronavirus ha cancellato le date (avrete certamente letto delle polemiche sui biglietti non rimborsati). Io li aspetto entrambi. Il primo con un nuovo album, il secondo con lo spirito di sempre, che sembra non invecchiare mai – ad eccezione di un naturale assottigliamento delle corde vocali.
Non ho idea del peso che le loro esperienze classiche abbiano avuto nel mondo del Balletto e del repertorio vocale sacro contemporaneo. So però che, all’interno di una lunga e ricca carriera, quel tipo di esperienza rappresenta una sfida e un consolidamento. E sono convinta che un giorno, quei titoli saranno oggetto di maggior interesse. Il tempo è galantuomo: rivaluta sempre le occasioni perdute, anche nella musica.
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