Ho solo questa lingua in bocca e forse un mezzo sogno in tasca: “C’è ancora domani” di Paola Cortellesi
Perché tutto è finito come cenere in un piatto. Il primo film da regista di Paola Cortellesi ha il bianco e nero del dopoguerra: un’ambientazione neorealistica per una storia fatta della realtà feroce della povertà dove crescono piccoli sogni fatti di due soldi di speranza. Delia (interpretata dalla stessa Cortellesi) e Ivano (Valerio Mastandrea) sono sposati e hanno tre figli. L’uomo lavora duro per portare i pochi soldi a casa e nessuno se lo deve scordare.
Certe giornate amare lascia stare. Anche Delia lavora, fa mille lavori, e manda avanti la casa e deve anche occuparsi del padre di Ivano (Giorgio Colangeli), ma non è mai abbastanza, e lei e i figli vivono in quella dimensione di tempo sospesa che esiste nelle famiglie dove il padre è violento, verbalmente e a volte anche fisicamente. Del resto, ha fatto due guerre.
Le donne lo sanno chi paga davvero. Delia parla troppo, dice il suocero, non tiene a freno la lingua, risponde. Ma non è solo Delia, è una parata di donne zittite dagli uomini questo film: tranne la sua amica Marisa (Emanuela Fanelli) che governa con piglio un matrimonio felice e sembra proprio venire da un altro pianeta, tutte quante, a diversi livelli sociali, vengono umiliate sminuite, maltrattate. Per gli uomini del 1945 le donne non capiscono, non contano, non esistono.
Cosa volete che vi dica signori, è tutto tempo che passa. Per fortuna, anche nella guerra quotidiana di Delia ci sono piccoli spazi di felicità: la lealtà spiritosa di Marisa, il dolce rimpianto di quello che avrebbe potuto essere con il meccanico Nino (Vinicio Marchioni), le chiacchiere con le altre lavandaie, i favori di un soldato americano, e la possibilità che Marcella, la primogenita, sposi Giulio, un bravo ragazzo figlio dei proprietari del bar.
È per te ogni cosa che c’è. Tutta la vita di Delia ruota intorno a Marcella: il marito è perduto, gli altri figli maschi, anche se sono piccoli, pure. Marcella è Lila Cerullo che voleva studiare ma costava troppo, e per mandarla via da quella vita balera Delia minimizza, imbroglia, ascolta, trama, organizza.
E la gente corre nelle piazze per andare a vedere. Non inventa niente Paola Cortellesi, ma il suo film, grazie a una sceneggiatura intelligente (scritta con Furio Andreotti e Giulia Calenda) che gestisce con cura dramma e commedia, agli elementi spiazzanti come le belle canzoni italiane (o anche straniere), a un cast di ottimi comprimari, al garbo registico, all’omaggio alla storia, ai volti e ai personaggi del nostro cinema, è uno dei titoli italiani più belli dell’anno.
E per quanta strada ancora c’è da fare, amerai il finale.
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