I 45 anni del Walkman, il dispositivo che ha reso la musica un fatto intimo
Ha rivoluzionato la fruizione della musica, rendendolo un prodotto culturale estremamente intimo. E questo ancor prima che arrivassero i lettori Mp3 o gli auricolari wireless – già, proprio quelli che colleghiamo ogni giorno ai nostri smartphone per ascoltare le nostre canzoni preferite attraverso i diversi servizi musicali in streaming. 45 anni fa debuttava per la prima volta in Giappone il Walkman, il dispositivo elettronico che ha accompagnato diverse generazioni in un nuovo modo di godersi la musica, attraverso un paio di cuffiette in solitaria. L’intuizione nasce da Masaru Ibuka e Akio Morita – i co-fondatori di Sony, la prima azienda a produrre il Walkman – insieme all’ingegnere Kozo Ohsone, ma la storia che vi si cela dietro la sua creazione è meno romantica di quanto si possa immaginare.
Tutto prende il via da Ibuka, il quale, oramai settantenne, espresse un suo desiderio: possedere un dispositivo portatile capace di riprodurre musica quando impegnato nei suoi lunghi viaggi di lavoro in aereo. E quel sogno divenne presto realtà, visto che nel marzo 1979, il dipartimento audio della compagnia nipponica iniziò a lavorare su un primo prototipo, semplicemente modificando il piccolo registratore già prodotto da Sony e largamente utilizzato dai giornalisti, il “Pressman”, trasformandolo in un dispositivo più compatto e dotato di un ingresso per le cuffie. Fu così che, a seguito di numerosi elogi da parte di chi lo aveva testato, Sony lanciò ufficialmente sul mercato il Walkman nel luglio 1979. Comprendendone le potenzialità, Morita suggerì di investire sul mercato dei giovani con il primissimo modello, il TPS-L2 di colore blu-argento, enfatizzando aspetti come il carattere giovine, la vitalità e la modernità di questo dispositivo. Nel febbraio 1980, appena pochi mesi dopo aver spopolato in Giappone, il colosso inizia a vendere il marchio Walkman nel mondo e nel novembre 1980 lo stesso brand divenne il nome di tutti i dispositivi analoghi a livello globale. Giusto per comprendere la portata di questo fenomeno, il Walkman ha venduto oltre 250 milioni di unità in tutto il mondo, posizionandosi anche come uno dei prodotti di maggiore impatto sulla cultura (e non solo popolare) a livello mondiale. E questo anche perché la commercializzazione di questo dispositivo ha contribuito a introdurre l’idea di “giapponesità” nella cultura di tutto il mondo, in qualità di sinonimo di miniaturizzazione e di alta tecnologia. Non solo: il Walkman è stato il primo dispositivo – a differenza delle piccole radio portatili, già in commercio all’epoca – a dare all’utente la possibilità (unica e irripetibile) di personalizzare una playlist musicale.
In un mondo come quello contemporaneo, invaso da servizi che permettono di riprodurre la musica preferita in qualsiasi luogo e in qualsiasi condizione (a patto che ci sia una connessione a internet), è difficile riuscire a immaginare l’impatto culturale e sociale che il Walkman portò con sé all’epoca. La possibilità di riprodurre la propria musica e di ascoltarla in una dimensione privata grazie all’uso delle cuffie ha rappresentato un suo enorme punto di forza, permettendo a chi ne fruiva di crearsi per la prima volta una propria identità musicale – senza necessariamente doverla condividere con il mondo esterno. Per tutte queste ragioni, il dispositivo elettronico di Sony viene spesso identificato come il precursore di tutti quei beni tecnologici personali tradizionali – come personal computer o dispositivi mobile – che oggi fanno parte della nostra quotidianità, e che, nel tempo, non ha mancato di suscitare diverse critiche. Molti detrattori, infatti, hanno visto nel Walkman – esattamente come accade oggi a tutta la tecnologia che ci circonda – come uno strumento di preoccupante isolamento e narcisismo.
Non solo: molti lo hanno ritenuto per molto tempo uno strumento “pericoloso”, al punto che nel 1982 il sindaco di Woodbridge, nel New Jersey (Stati Uniti) vietò l’uso del walkman in pubblico a causa di incidenti che avevano coinvolto diversi pedoni, distratti dalla musica nelle cuffie. Preoccupazioni a parte, il Walkman è diventato presto uno status symbol, un oggetto di culto, al punto da essere consacrato da numerose pellicole degli anni Ottanta come “Il tempo delle mele”, “Terminator”, “Ritorno al futuro” e “Pretty woman”.
La popolarità del Walkman è stata tale che nel 1986 il prestigioso Oxford English Dictionary decise di inserirlo tra le nuove terminologie, diventando un sostantivo (e dunque con la «w» minuscola) per indicare tutti i lettori di musicassette, anche quando prodotte da altre case. Nonostante abbia resistito per quasi due decenni, il fenomeno del Walkman è andato via via ad affievolirsi con l’insorgere dei lettori Mp3 e con l’arrivo di Napster sul finire degli anni Novanta, per poi scomparire del tutto agli inizi del nuovo Millennio. La stessa Sony – forse lungimirante su quello che sarebbe stato il futuro della musica in streaming – decise di non investire subito sulla tecnologia degli Mp3; anzi, decise di adottare una tecnologia proprietaria, la ATRAC, che tuttavia si rivelò fallimentare al punto che nel 2010 decise di interrompere la produzione di dispositivi pensati per la musica.
Sull’onda della nostalgia, sono diversi gli artisti (da Taylor Swift a Lana del Rey) che, al giorno d’oggi, propongono i loro nuovi album anche in versione musicassetta, per permettere agli “aficionados” del walkman di rivivere la propria gioventù. A patto che la cassetta non si incastri nel lettore e non si debba ripescare una penna o una matita per rimettere al suo interno il nastro magnetico!
di Fabrizia Malgieri
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