“I sette samurai”, torna nelle sale la matrice perfetta per il cinema di genere
Nell’ambito di un omaggio al grande regista giapponese Akira Kurosawa che proseguirà per tutto il 2025, la Cineteca di Bologna, all’interno del progetto “Il cinema ritrovato”, riporta in sala il capolavoro del 1954 “I sette samurai” in una versione restaurata in 4K nel 2024 da Toho presso il laboratorio Toho Archive a partire dal master positivo 35mm. Siamo davanti all’occasione imperdibile di rivedere su grande schermo uno dei film più importanti della storia del cinema, che da una storia semplice, dove un gruppo di “guerrieri” (qui samurai senza padrone, ovvero Ronin) viene assoldato per difendere dei contadini dai predoni locali, costruisce uno spartiacque narrativo che negli anni sarà imitato, rimaneggiato, reinterpretato, fino a diventare un topos cinematografico e una delle trame più utilizzate dal sistema dei generi, dal western alla commedia.
Ma non è solo “la costruzione della squadra” a diventare canone: per realizzarlo Kurosawa girò in un villaggio ricostruito in esterni, sforando ogni budget (per lungo tempo il film mantenne il primato della pellicola più costosa girata in Giappone), sfidò le intemperie, sperimentò con teleobiettivi, inventò la “morte al rallentatore” e utilizzò diverse cineprese contemporaneamente, rivoluzionando il concetto stesso di regia cinematografica. Ripagherà ogni centesimo, incassando più del doppio di quanto speso, ma è soprattutto la sua influenza culturale a renderlo un’opera da primato. Dopo “I sette samurai”, oltre al remake americano di John Sturges “I magnifici sette” del 1960 (con quel cast strepitoso che comprende Yul Brynner, Eli Wallach, Steve McQueen, Charles Bronson, Robert Vaughn e James Coburn) e a quello del 2016 di Antoine Fuqua (del quale si salva solo un magnifico Ethan Hawke, magro, segaligno, problematico e antieroico), a Kurosawa hanno guardato Martin Scorsese, Francis Ford Coppola, George Lucas, Sam Peckinpah, Sergio Leone, Ingmar Bergman, Stanley Kubrick, Steven Spielberg, per arrivare a Quentin Tarantino e a John Woo. Ogni personaggio presenta caratteristiche ben precise: in fase di scrittura, Kurosawa e i suoi sceneggiatori non solo prepararono un dossier dettagliato per ogni protagonista, ma ogni abitante del villaggio era inserito in un quadro familiare e relazionale che aiutava le comparse a orientarsi sul set.
Con la sua storia che viene dall’epica e che a sua volta produce nuova epica, “I sette samurai” è un titolo dalla durata imponente che nella versione originale si dipana per oltre tre ore tra azione, sentimento e parabola esistenziale, mettendo in scena la progressiva costruzione di una comunità solida guidata dal carismatico Kambei, un combattente “che ha perso ogni battaglia in cui si è trovato” e che accetta di difendere i contadini e di trovare gli altri samurai disposti a imbarcarsi in “un’impresa dove non c’è da guadagnare né denaro né gloria”. Ma alla fine tutti i ronin senza padrone accetteranno di combattere in nome di valori alti, quelli della giustizia, del coraggio e dell’onore, tornando al senso profondo della vita di un uomo e di un guerriero, quello del sacrificio per il bene comune, per l’umanità che quella manciata di contadini rappresenta.
L’altro elemento dirompente e nuovo del film è Toshiro Mifune nei panni di Kikuchiyo, archetipo del lupo solitario che viene introdotto come personaggio di funzione comica, il non samurai che viene irriso e sbeffeggiato dai compagni, ma che nel corso nel film mostrerà determinazione, profondità e coraggio e diventerà il cuore emotivo della storia. Mifune, lasciato totalmente libero di improvvisare dal regista, è l’unico protagonista senza retaggio storico, e costruì il personaggio di Kikuchiyo guardando filmati di leoni allo stato brado, restituendo una sensazionale interpretazione fatta di puro istinto, tutta in eccesso, mescolando registri alti e bassi, capace di fondere emozione e fisicità, umorismo e disperazione.
Dopo la spettacolare battaglia finale i sopravvissuti arriveranno alla loro verità: “I contadini hanno vinto, non noi”. E come tanti eroi del grande schermo, se ne andranno dalla terra che hanno contribuito a salvare, portandosi via il sangue e la violenza, lasciando le tombe a ricordare gli eroi morti e a ispirare un futuro di maggiore giustizia sociale di cui non saranno loro i protagonisti.
“I sette samurai” sarà in programma al Jolly2 di San Nicolò lunedì 13 gennaio in versione originale con sottotitoli in italiano.
di Barbara Belzini
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