Il cavaliere oscuro di Luigi Lo Cascio: “The bad guy”
“O muori da eroe o vivi abbastanza a lungo da diventare il cattivo”: questa frase, una delle più epiche di “The dark knight” di Christopher Nolan, è il concetto alla base di “The bad guy”, serie italiana scritta da Ludovica Rampoldi, Davide Serino, Giuseppe G. Stasi e diretta da Giancarlo Fontana e Giuseppe G. Stasi (quelli di “Metti la nonna in freezer” e “Benvenuto Presidente!”).
Questo riuscito mix di crime e dark comedy racconta la storia di Nino Scotellaro (Luigi Lo Cascio, sempre convincente in questi ruoli da “cattivo”, come aveva già intuito bene Marco Bellocchio ne “Il traditore”), pubblico ministero siciliano che ha dedicato tutta la sua vita alla lotta contro la mafia e che improvvisamente viene accusato di essere uno di coloro che ha sempre combattuto: un mafioso. Dopo la condanna, senza più nulla da perdere, Nino decide di farsi giustizia da solo, diventando il “bad guy” in cui è stato trasformato dalla giustizia stessa.
Questa è una serie con delle idee, sia di scrittura che di messa in scena, che prende in giro le molte fiction sul “magistrato buono” e usa al suo meglio un bel cast, da una stupenda Claudia Pandolfi, moglie di Scotellaro e avvocato figlia di un magistrato ucciso dalla mafia alla sorella maresciallo di Scotellaro interpretata da Selene Caramazza con volto e fisico da super eroe fino al gruppo dei mafiosi, Antonio Catania, boss latitante con 38 ergastoli sul groppone, Vincenzo Pirrotta, Fabrizio Ferracane. Tutti personaggi ossessivi e ossessionati, che sono sempre i migliori.
Volano arti mozzati e schizza il sangue in un’Italia dove c’è il ponte sullo stretto, un senso di cupezza e disfacimento, un covo dei mafiosi in un parco acquatico in dismissione, il cameo musicale di Colapesce e Dimartino
e tanti echi di cinema, dal Johnny Stecchino di Benigni al Reality di Garrone al Padrino di Coppola, e tante piccole verità di fondo. “Non c’è cosa più sorprendente della giustizia italiana”.
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