Il cinema incrocia Mtv. Girati da grandi registi i video sembrano film
È il 1° agosto 1981 quando nasce – sotto il segno del Leone – un canale televisivo dedicato interamente alla musica: Mtv. La rivoluzione era in atto, non solo più musica, ma videoclip, sempre più elaborati e sempre più simili a film. Da allora tutti gli artisti hanno cercato di elaborare video sempre più complessi, ingaggiando i grandi registi, che un po’ per curiosità, un po’ per i cachet a sette cifre (di dollari), non si sono mai sottratti dal cimentarsi in questo nuovo mondo.
Il primo video trasmesso da Mtv fu “Video killed the radio star” interpretato dalla band Buggles e diretto dal regista Russell Mulcahy che tempo dopo vedremo dietro la macchina da presa per girare il film “Highlander”.
Quando nel 1982 uscì il video di “Thriller” ne fui veramente ossessionato, non solo perché grande fan di Michael Jackson, ma soprattutto perché era veramente difficile vedere il cortometraggio in tv. Infatti sia per la Rai che per le timide tv private i 14 minuti del video musicale erano veramente ingombranti per palinsesti; persino Mtv, appena nata, aveva palinsesti fatti perlopiù da video da 3 minuti scarsi.
“Thriller” rimane nella storia per avere come regista del video il grande John Landis: Michael lo assunse anche perché aveva diretto il film “Un lupo mannaro americano a Londra “, uscito nel 1981. Prezzo del video? Ben 500.000 dollari finanziati grazie al video del dietro le quinte acquistato da Mtv.
John Landis realizzò un cortometraggio piuttosto che un videoclip: 14 incredibili minuti che – grazie all’intervento di Rick Baker, premio Oscar per miglior trucco nel 1982, e al lavoro di Deborah Nadoolman, costumista anche de “I predatori dell’arca perduta” – non hanno nulla da invidiare alla produzione di un film canonico. Michael Jackson ripropose il format del cortometraggio in “Bad”, dove Martin Scorsese (sì, avete letto bene), fu capace di creare un musical moderno ed aggressivo, in grado di mostrare lo smisurato talento dell’artista.
Realizzato con un budget di circa 2.200.000 dollari, lo decretò ai tempi, il video più costoso della storia.
Brian De Palma, maestro del thriller, realizzò il clip “Dancing in the dark” di Bruce Springsteen, diventato uno dei video più iconici del cantante americano. Fu girato in due tranche, il 28 e 29 giugno 1984, al Saint Paul Civic Center, in Minnesota: la prima serata fu dedicata alle riprese del video, mentre la seconda immortala il Boss durante la tappa di apertura del suo “Born in the Usa Tour”. Nota curiosa la presenza nel video di un’allora sconosciuta Courteney Cox, diventata poi Monica Geller nella sitcom “Friends”.
Sempre Brian De Palma porta sul piccolo schermo un mix del suo film “Omicidio a luci rosse” con il singolo d’esordio “Relax” dei Frankie Goes To Hollywood, inserendo la canzone nella stessa pellicola del 1984. Videoclip molto hot, ambientato in un locale sadomaso tra cubisti imprigionati, tutine in latex nero e camerini con sopra scritto “Sluts”. La paternità del video, però, è ambigua e complicata: Brian De Palma sembra firmare la seconda versione del video, mentre a Bernard Rose viene attribuita l’originale.
Spike Lee nel 1989 dirige i Public Enemy nel video “Fight The Power”, inno hip hop e colonna sonora del suo “Do the Right Thing”, presentato lo stesso anno a Cannes. Sia il rap dei Public Enemy, sia i film del regista di Atlanta si sono distinti per criticare le ipocrisie del sistema americano, inneggiando alla consapevolezza nera e promuovendo la costruzione di un’identità condivisa. Nel 1989 esce “Wicked Game” e nel video in bianco e nero il cantante Chris Isaak e la bella Helena Christensen si rotolano sulla sabbia e si strusciano per tutto il tempo. La regia? Di quel mostro sacro chiamato David Lynch, che decise di utilizzare la canzone nel suo film “Cuore Selvaggio”. Chiudiamo questa carrellata con un giovanissimo David Fincher (“Alien 3”, “Seven”, “Fight Club”) che si dedica durante tutti gli anni ’80 (e non solo) alla regia di videoclip musicali. Da “Express Yourself” di Madonna, passando per “Bamboleo” dei Gipsy Kings, a “Englishman in New York” di Sting, giusto per citare i più famosi. La tendenza non si esaurisce con gli 80s. Nel 1990 Fincher si dedica al brano “Vogue”: terzo appuntamento tra lui e Madonna, girato in bianco e nero, ispirato al look della Hollywood anni Trenta e Quaranta. Il regista usa i codici estetici del vecchio divismo per lanciare lo stile di una nuova cultura underground: quella multietnica e LGBTQ+. In anticipo sul tempo, Fincher e Madonna lanciano lo stile delle “drag queen” nell’immaginario pop dei primi anni Novanta vestendolo della vecchia, rassicurante Hollywood anni Trenta.
di Massimo Cavozzi
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