Il metaverso artistico in cui ripensare la comunicazione

Come vi sentireste se, entrando nel famoso “Metaverso” di cui si è tanto parlato negli ultimi anni, vi ritrovaste immersi in un paesaggio assurdo e indecifrabile, con un avatar digitale completamente nudo? Questa potrebbe essere un’ottima premessa per una storia cyberpunk distopica, in cui i mondi virtuali si sono corrotti e bisogna capire come sopravvivere al loro interno. Ma in questo caso parliamo di qualcosa di diverso. Quanto indicato qui è infatti l’esperienza vissuta in Feral Metaverse, un videogioco artistico realizzato da Theo Triantafyllidis, che si è laureato in architettura ad Atene una decina di anni fa, in un momento di grande vivacità per le produzioni artistiche su internet. E così, fin dal periodo dei suoi studi, Triantafyllidis ha sempre tenuto d’occhio il mondo del gaming, dei social e delle piattaforme, rielaborando questi contenuti nella sua attività di artista digitale.

Lo spunto per Feral Metaverse, come intuibile, deriva dalla presentazione del Metaverso di Mark Zuckerberg, che ha suscitato molta curiosità ma anche un gran numero di dubbi e perplessità, soprattutto da parte di sviluppatori indipendenti, artisti e “punk”, che hanno visto la futura novità proposta da Meta come qualcosa di assolutamente freddo, sterile e – in fondo – anche già visto altrove. Theo Triantafyllidis è partito da qui, andando a esasperare questo senso di freddezza ed estraneità nel suo Feral Metaverse, che si presenta come un ambiente ostile e di difficile lettura: non si capisce che cosa si debba fare, in quello strano mondo. Anche la mappa dell’area – che di solito, nei videogiochi e non solo, serve a guidarci all’interno dello spazio – è volutamente disorientante.

Eppure è proprio in un ambiente ostile che è possibile riscoprire l’umanità, attraverso la cooperazione, l’incontro e l’empatia. È questo il messaggio di Feral Metaverse: i giocatori devono collaborare tra di loro in questo strano mondo, per raggiungere un obiettivo che non conoscono appieno. C’è però una caratteristica molto particolare, che rende più intrigante questa esperienza. All’interno di questo mondo virtuale non ci sono chat testuali o vocali. Per cercare di farsi capire dagli altri bisogna utilizzare i movimenti del corpo. Gli avatar hanno infatti a loro disposizione un linguaggio corporeo sufficientemente variegato. Sta al giocatore capire come sfruttare questi gesti, talvolta bizzarri, per farsi capire dai propri compagni di sventura.

Attualmente è disponibile solo una versione embrionale, detta Prologue, di Feral Metaverse, scaricabile gratuitamente su Itch.io (un sito noto per ospitare un gran numero di videogiochi indipendenti). La pagina del gioco consiglia di sperimentare questa esperienza insieme ad altri tre amici, per raggiungere un totale di quattro utenti giocanti. Theo Triantafyllidis ha detto che il suo progetto è “la peggior versione possibile” del Metaverso immaginato da Mark Zuckerberg, ma l’artista non si è ispirato solo al progetto di Meta. Feral Metaverse è anche figlio dei MMORPG, ovvero dei videogiochi multiplayer online, come il famoso World of Warcraft. Giochi solitamente ambientati in mondi fantasy o fantascientifici, in cui si crea un proprio alter ego digitale, si combatte insieme ad altri giocatori, si esplora il mondo di gioco con degli amici e si vive una sorta di esistenza parallela. Triantafyllidis ha “semplicemente” riletto tutta questa tradizione con gli occhi di un artista.

di Francesco Toniolo

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