La grande settimana di Milano che adombra il Covid (per un po’)
C’è una settimana all’anno in cui Milano, che per i miei gusti tende sempre più al grigio, torna a piacermi. Ed è quella appena trascorsa. Complice la prima della Stagione del Teatro alla Scala, con quel “Macbeth” la cui regia di Davide Livermore ha dato il via a una serie di infuocati dibattiti, ma in cui la musica del nostro grande Giuseppe Verdi si è levata potente, a ribadirci che, nonostante il Covid, la vita resta meravigliosa.
Non c’erano solo il grande baritono Luca Salsi – che, com’è noto, è un grande amico di Piacenza. In seconda battuta, ma solo per una questione di ruolo, c’era anche il tenore Francesco Meli, presenza altrettanto assidua e assai gradita nella nostra città. La grande star, forse non proprio in serata perfetta (ma non è mica da questi particolari che si giudica un giocatore…), è stata la portentosa Anna Netrebko.
Ma spezzerei una lancia, anzi due, per il basso Ildar Abdrazakov, che è stato strepitoso, e per il “nostro” Giorgio Armani, stilista piacentino di fama internazionale (ma che ve lo dico a fare…) e nuovo socio del Teatro alla Scala. Armani ha decorato i palchi in modo festoso, floreale, traboccante. Qualcuno ha sottolineato una certa inusuale propensione all’abbondanza, da parte dello stilista più minimal del mondo. Ma, vivvaddio, che la festa sia festa per davvero. Ne abbiamo bisogno.
Non c’è stata solo la prima scaligera, nei giorni scorsi. Mi è stato impossibile non cedere al richiamo incantatore di un attore (e di un uomo) che amo moltissimo.
John Malkovich ha deliziato i presenti, spesso strappando loro delle sonore risate, nell’intelligente spettacolo “The Music Critic” al Teatro Arcimboldi. L’attore, un vero “leone da palcoscenico”, ha ripercorso una serie di cantonate epocali della critica musicale, non solo contemporanea ma secolare. La stessa che stroncò Johannes Brahms e Claude Debussy, per citare due nomi
Ce n’era anche per i moderni. Sarà che, in contemporanea, leggevo il bel volume di Alfonso Berardinelli, già collaboratore dei Quaderni piacentini fondati da Piergiorgio Bellocchio e più volte ospite di Cittàcomune: “Giornalismo culturale. Un’introduzione al millennio breve” (edito da il Saggiatore, 976 pp, 32 euro).
Non so quanto c’entri con lo spettacolo, ma i punti in comune li ho percepiti. Vi dico subito che il saggio è molto profondo, e graffia, specialmente se siete critici di professione. Ma è giusto così, ed anche se qui si parla di musica, per una volta mi permetto di consigliarvene la lettura.
Speriamo che la bellezza e il ragionamento ci salvino definitivamente.
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