La principessa si salva da sola: storia e curiosità su “The Legend of Zelda” il videogioco di Nintendo
Zelda non ha più bisogno di essere salvata, è in grado di farlo da sola. A distanza di quasi 40 anni dall’inizio della saga videoludica, la Principessa di “The Legend of Zelda” diventa finalmente protagonista del franchise che porta il suo nome in “ The Legend of Zelda: Echoes of Wisdom”, il nuovo videogioco pubblicato di recente in esclusiva su Nintendo Switch, e che getta le basi per un importante nuovo corso per la storia della serie.
Se dal 1986 a oggi “The Legend of Zelda” ha avuto come personaggio principale l’«eroe dalla tunica verde» Link, quest’ultimo arretra di un passo per fare spazio ad una protagonista per certi versi inedita, che porta con sé diverse novità importanti all’interno dell’esperienza – e che non si focalizzano necessariamente sul suo «essere una donna protagonista in un videogioco» o una «damigella in pericolo», forse perché non lo è mai stata realmente.
Ma andiamo con ordine: che cos’è “The Legend of Zelda”? La serie – sviluppata da Nintendo – è approdata per la prima volta il 21 febbraio 1986 su Nintendo Entertainment System (NES), in un momento in cui la compagnia nipponica decise di scommettere su un progetto diverso rispetto “Super Mario Bros.” (pubblicato con successo appena l’anno precedente), che fosse caratterizzato da una narrazione e da personaggi più epici, richiamando atmosfere fantasy molto amate dal pubblico di quegli anni – in fin dei conti, siamo pur sempre negli anni Ottanta, periodo in cui i libri game e/o giochi di ruolo come “Dungeons& Dragons” erano molto popolari tra i più giovani. E anche la trama che sottende l’esperienza di gioco è piuttosto classica: il giovane Link ha il compito di salvare il Regno di Hyrule da un’entità malvagia nota come Ganondorf (o Ganon, nel caso si manifesti come emanazione), che tenta di impadronirsi di un cimelio sacro – noto come Triforza, costituita dai tre elementi Saggezza, Forza e Coraggio – per dominare il mondo. Tuttavia, i piani di quest’ultimo vengono ostacolati dalla principessa Zelda, la quale, in qualità di custode della Triforza, riduce la reliquia in frantumi per poi venire rapita dalla mostruosa creatura. Oltre a portare in salvo Hyrule, Link deve anche liberare la principessa e sconfiggere Ganondorf.
Rileggendo in chiave videoludica il classico « viaggio dell’eroe», come quello teorizzato da Joseph Campbell nel suo “Eroe dai mille volti” (1949), “The Legend of Zelda” si ispira, in realtà, ai ricordi di infanzia di Shigeru Miyamoto, “papà” di Super Mario e considerato tra i più importanti autori di videogiochi esistenti al mondo. In particolare, Miyamoto ricreò il Regno di Hyrule ispirandosi ad un piccolo villaggio nei pressi di Kyoto (Giappone), dove il creativo era solito trascorrere molto tempo in gioventù, esplorando i boschi del circondario e inventando fiabe. Gli stessi dungeon (i sotterranei in cui Link affronta i diversi nemici e boss) presenti nei vari titoli sono modellati sulla base dei ricordi che Miyamoto aveva della sua casa d’infanzia: non è un caso che questi luoghi abbiano tutti la struttura di un labirinto, in quanto la casa stessa era piena di porte e corridoi da renderla difficile da perlustrare.
Come tutte le saghe epiche, anche “The Legend of Zelda” vanta una struttura narrativa, ma soprattutto diverse linee temporali, piuttosto complesse – tutte ricostruite a ritroso, quando già alcuni titoli del franchise erano già stati pubblicati da almeno un decennio. Nello specifico, la saga si sviluppa a partire da una prima linea temporale nota come «Leggenda delle Dee e dell’Eroe del Tempo», che ha il suo culmine con “The Legend of Zelda: Ocarina of Time”, pubblicato nel 1998 su Nintendo 64. Da quel titolo in poi, la serie si dirama attorno a tre precise linee temporali: «Sconfitta dell’Eroe del Tempo», « Linea temporale Link adulto» e « Linea temporale Link bambino ».
Il primissimo gioco della serie (“The Legend of Zelda”, 1986) è, in realtà, la penultima tappa della linea temporale «Sconfitta dell’Eroe del Tempo», e – paradossalmente – una delle ultime storie con protagonista Link, il quale viene sconfitto da Ganon. Tornando alla Principessa Zelda, il cui nome suonerà familiare, si racconta che si ispiri a Zelda Fitzgerald, autrice e consorte dello scrittore americano F. Scott Fitzgerald. La leggenda narra che Shigeru Miyamoto abbia sempre nutrito grande ammirazione nei confronti della scrittrice e artista statunitense, in quanto simbolo di una femminilità liberata in un’epoca straordinaria come i ruggenti anni Venti – e dunque, un personaggio che porta con sé anche un messaggio di emancipazione dirompente, proprio come voleva che fosse la sua coprotagonista. Perché, al contrario di quanto spesso si creda, la Principessa Zelda non è mai stata un «oggetto» da portare in salvo o un «damigella in pericolo»; anzi, rappresenta un elemento importante e decisivo all’interno della narrazione della serie.
In qualità di incarnazione terrena della Dea della Saggezza (e dunque uno dei tre frammenti che costituiscono la Triforza), Zelda è posizionata esattamente allo stesso livello di Link (Coraggio) e Ganondorf (Forza) – e di conseguenza, risulta parte fondamente di quello che è il tessuto narrativo della saga stessa. Per questa ragione, non sorprende che Grezzo – lo studio interno di Nintendo che ha lavorato al nuovissimo “Echoes of Wisdom” – abbia deciso di affidarle il ruolo da protagonista: perché Zelda, in realtà, lo è sempre stata e ha sempre avuto un ruolo di primissimo piano all’interno dello storytelling della serie che porta il suo nome. Anche il fatto che il gameplay di “Echoes of Wisdom” ruoti attorno ad azioni più logiche e meditative rispetto all’action più puro dei giochi precedenti della serie è sintomo del fatto che il titolo sia stato pienamente forgiato attorno al suo personaggio – e di conseguenza, conferisce grande naturalezza alla giocabilità del titolo.
C’è un’ultima curiosità: come detto, Zelda è sempre stata molto amata, anche dai personaggi famosi. Tra i suoi fan più devoti c’era persino l’attore Robin Williams (“Good morning, Vietnam”, “Mrs. Doubtfire”, “L’attimo fuggente”) il quale amava così tanto la saga da decidere di chiamare sua figlia Zelda. In uno dei videogiochi più recenti della serie, “The Legend of Zelda: Breath of the Wild” (2017), ci sarebbe persino un omaggio (mai confermato da Nintendo, va detto) all’attore scomparso nel 2014: il personaggio di Re Rhoam Bosphoramus Hyrule (padre di Zelda) avrebbe sembianze piuttosto sospette, in quanto ricorda molto chiaramente il volto di Robin Williams, così come un NPC (not playable character, personaggio non giocabile) che è possibile incontrare nel mondo di gioco, un viandante di nome Dayto. Coincidenze?
di Fabrizia Malgieri
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