La serie tv sugli 883 racconta un’epoca in musica (attuale)
“Hanno ucciso l’uomo ragno” va in onda su Sky e ripercorre la storia del duo dagli esordi come un carosello su Instagram
Sono la voce di tre diverse generazioni. I loro primi brani risultano ancora oggi modernissimi, sia grazie alle loro sonorità ricercate sia per quei racconti incentrati su spaccati di vita nella provincia italiana. Il loro nome si ispira al modello base della Harley-Davidson (la cui cilindrata più piccola disponibile è di 883 cm cubi), di cui uno dei due cantanti è da sempre un grande appassionato – ha persino aperto una concessionaria dal 2000, con annesso bar, a Pavia. Stiamo parlando, ovviamente, degli 883, celebre duo degli anni Novanta (ma diventato presto un progetto solista a seguito dell’addio di una delle due metà), che da poche settimane è protagonista di una serie televisiva andata in onda su Sky in otto puntate, intitolata come uno dei loro più grandi successi: “Hanno ucciso l’uomo ragno”.
Il serial – firmato dal regista Sydney Sibilia (“Smetto quando voglio”, “Mixed by Erri”) – ripercorre gli esordi musicali di Max Pezzali e Mauro Repetto, due giovani liceali di Pavia con un sogno importante: far conoscere la loro musica in tutto il mondo e conquistare gli Stati Uniti. L’incontro tra Massimo e Mauro avviene quasi per caso, nel settembre del 1989: il primo è stato da poco bocciato al quinto anno delle superiori ed è costretto a cambiare scuola, lasciando dietro di sé anche la sua “cumpa” di amici. E poi c’è una passione, quella per la musica punk in primis – mutuata dall’ascolto matto e disperatissimo di grandi band come i Clash o i Ramones – e successivamente anche per la scena rap, che proprio in quegli anni stava vivendo un’epoca d’oro negli Stati Uniti.
Dall’altro lato c’è Mauro, un ragazzo pieno di energie e con l’argento vivo addosso, che vive in simbiosi con la musica: per lui le note musicali sono divertimento, ritmo, sensazioni, emozioni.
I due giovani diventano compagni di banco e presto scoprono di avere diverse passioni in comune, a partire dal genio per la musica. Mauro e Massimo (detto Max) si rinchiudono in un seminterrato e iniziano a scrivere musica, con sonorità ricercate e studiate nonostante i mezzi limitati, ma accompagnate da parole che permettono di tuffarsi nel quotidiano di un qualsiasi giovane: screzi con i genitori, la vita in giro con gli amici della compagnia, i sogni e le aspirazioni, i primi grandi amori.
Attraverso la sua serie tv, Sibilia ripercorre con dovizia di particolari la nascita di un mito (battuta non intenzionale!), di un gruppo che ha saputo cogliere, forse più di altri, lo spirito di un’epoca, ma al tempo stesso renderla universale e ancora incredibilmente attuale. Se la stessa “Hanno ucciso l’uomo ragno” – prima grandissima hit del duo pavese – è una straordinaria metafora sulla fine dei sogni (ma che nasconde anche un messaggio positivo, con la voglia di riscatto), pezzi come “Cumuli”, che affrontano problemi seri come la tossicodipendenza giovanile (tema nevralgico in quegli anni), o ancora “Gli anni”, che racconta la malinconia che si prova in quel momento di passaggio dalla gioventù all’età adul-ta, e “Rotta X casa di Dio”, che narra la gioia di vivere di un gruppo di amici in libera uscita (finita in Autogrill!), sono la pura essenza di una generazione, che diventa LA generazione di chiunque, proprio per l’universalità dei temi trattati. “Hanno ucciso l’uomo ragno – La serie” ripercorre quegli attimi come in un carosello di Instagram, pieno zeppo di riferimenti a quegli anni (con tanti Easter Egg da scovare, a partire da una giovanissima Maria de Filippi e da una serie di riferimenti cinematografici imperdibili), ma con i tempi rapidissimi e squisitamente kitsch del mondo moderno. L’operazione di Sibilia funziona proprio perché intercetta in modo perfetto quella che è (stata) l’anima pura degli 883 degli inizi, dolcemente provinciale e naïve, trascinando lo spettatore per i piedi come su un travolgente tagadà di emozioni – gli stessi che si trovano nei luna park delle piccole città o dei paesini, dove tutti noi abbiamo consumato almeno “un deca”. Non solo: grande plauso va anche all’interpretazione eccezionale di due giovani attori, Elia Nuzzolo e Matteo Oscar Giuggioli (rispettivamente Max Pezzali e Mauro Repetto), che per questioni anagrafiche non hanno conosciuto gli 883 degli esordi (sono entrambi del 2000), ma hanno saputo calarsi nei panni del duo pavese con estrema naturalezza, quasi come se quei ruoli fossero cuciti loro addosso alla perfezione.
“Hanno ucciso l’uomo ragno – La serie” è ora disponibile con la prima stagione completa su Sky on Demand e su Sky Now.
di Fabrizia Malgieri
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