Laurie Anderson torna con un album dedicato ad Amelia Earhart e un ricordo del suo amato Lou Reed

Il ritorno discografico di Laurie Anderson (sopra in uno scatto di Stephanie Diani) è un evento che fa tenere il respiro sospeso. Il motivo è che Laurie, famosa a livello internazionale sin dal suo debutto con “O Superman” nel 1981 (e poi anche come moglie dello scomparso Lou Reed), continua ad essere una musicista “di tendenza”, mai banale e quasi sempre in grado di stupire anche chi, da sempre, ne conosce i risvolti atipici.
Con Anderson, parliamo di “Amelia”, primo album di inediti della vincitrice del Grammy Lifetime Achievement Award 2024, dopo “Landfall” del 2018. E Amelia, di cognoma fa Earhart, la pioniera dell’aviazione (vedi articolo sottostante) la cui vita e imprese vengono narrate da Anderson, autrice sia delle musiche che dei testi.
«Le parole usate in “Amelia” sono ispirate ai suoi diari di pilota, ai telegrammi che scrisse al marito e alla mia idea di ciò che una donna che vola intorno al mondo potrebbe pensare», anticipa Laurie a proposito di questo progetto, presentato per la prima volta dal vivo alla Carnegie Hall nel 2000 e che, via via, ha subito modifiche ed è stato di recente eseguito in tutta Europa, dove tornerà in autunno. Intanto, con una dolcezza infinita e il tono amichevole che, da sempre, contraddistinguono i suoi contatti con i giornalisti – cosa non scontata, nell’ambiente artistico – Laurie Anderson risponde al telefono con voce cristallina, piena di vibrazioni.

Laurie Anderson, bentornata.
«Grazie, sono molto contenta di poter parlare del mio nuovo album. Spero che il pubblico italiano possa apprezzare “Amelia”».

Una pioniera del volo, scomparsa nel nulla dopo una vita da donna libera e indomita. Nelle sue canzoni c’è qualche lato che ancora non si conosce di Amelia Earhart?
«E’ stata una blogger antesignana, una femminista in senso concreto, tanto che, ai primi del Novecento, voleva aprire una scuola di Ingegneria per ragazze. Scrisse: “La vita delle donne è da sempre più interessata, poiché direttamente coinvolta, dalla scoperta di nuovi orizzonti in campo scientifico”. Sono d’accordo ed è un concetto che ho inserito anche nelle sonorità».

Il suo primo singolo “O Superman” oggi è un successo virale su TikTok. Se lo aspettava?
«Il mondo virtuale regala aspetti interessanti e inattesi. Se ripenso al 1980, come artista e come persona amavo seguire l’improvvisazione. “O Superman” arrivò d’ispirazione ascoltando “O Souverain”, un brano del compositore francese classico Jules Massenet interpretata da Charles Holland. La cosa sorprendente è che scrissi la canzone in una fase durante la quale la tecnologia sembrava fallimentare negli Stati Uniti. Mi fu chiesto di entrare in studio di registrazione, ma non mi interessava registrare un disco pop. Proseguendo su questo percorso feci l’album “Big Science” che oggi sembra ancora un prodotto “fresco” e interessante. Fu un successo anche allora, mi sorprese e compresi che esisteva un pubblico più interessato all’arte e alla ricerca piuttosto che all’intrattenimento. Per questo motivo, mi è capitato di firmare contratti con etichette alternative e non necessariamente con multinazionali. L’unica cosa che mi ha sempre interessato è la libertà creativa».

Cosa pensa dell’AI? Ha detto di utilizzarla anche per continuare a dialogare con suo marito Lou Reed.
«E’ una condizione intima e di grande consolazione. A parte questo, credo che dovremmo utilizzarla tutti: se impariamo ad usarla bene, ci renderà più liberi. In quanto a Lou: gli parlo anche guardando le stelle, di notte. Ce n’è una che porta il suo nome. Anni fa ho lavorato alla Nasa per alcuni miei progetti e studiato lo spazio. C’è tanto altro, al di sopra di noi. Non parlo degli Ufo, ma del cielo e del mistero della vita. Se lo rivedrò?
Resto possibilista».

ECCO CHI ERA L’AVIATRICE AMERICANA SCOMPARSA IN VOLO

Nonesuch Records pubblica “Amelia”, l’album che segna l’atteso ritorno di Laurie Anderson. Il disco contiene 22 brani che raccontano il tragico ultimo volo della celebre aviatrice Amelia Earhart. Anderson – che secondo Pitchfork «vede il futuro, ma inizia prestando attenzione» – ha scritto la musica e i testi di questa che è, in realtà, un’opera narrativa soggettiva, e introspettiva, sulla vita e sulle imprese dell’aviatrice.
Nell’album l’artista è affiancata dall’orchestra ceca Filharmonie Brno, diretta da Dennis Russell Davies, e da Anohni, Gabriel Cabezas, Rob Moose, Ryan Kelly, Martha Mooke, Marc Ribot, Tony Scherr, Nadia Sirota e Kenny Wolleson («musicisti con i quali confrontarmi è stato eccezionale, vitale», dice Laurie).
Il singolo tratto dall’album s’intitola “Road to Mandalay”.
Chi era Amelia? Anderson ritrae musicalmente e testualmente la Earhart come un’appassionata pioniera dell’aviazione, divenuta famosa per essere stata la prima donna ad attraversare l’Atlantico nel 1932. Cinque anni dopo, Amelia intraprese il giro del mondo in aereo. Ma prima che potesse completare il viaggio, il suo aereo scomparve senza lasciare traccia e non è mai stato ritrovato.


E se Amelia Earhart è stata una pioniera del volo, in campo artistico di sicuro Laurie Anderson non è da meno. L’artista è considerata una delle più rinomate e audaci creative americane. Con il suo lavoro, che comprende musica, arte visiva, poesia, film e fotografia, Laurie ha sfidato e deliziato il pubblico di tutto il mondo per più di 40 anni, rivolgendosi sempre a “orecchie” attente, in cerca di inconsueti ascolti.
«Mi considero un’artista dell’Avanguardia, tutto qui», si è definita di recente. E in effetti, il suo lavoro non si vende nelle gallerie, ma è vissuto dal pubblico che va a vederla esibirsi e che potrà tornare a farlo anche in Europa, ma si parte dal 12 novembre in Gran Bretagna (ma con tappe in continuo aggiornamento sul suo sito). Laurie dal palcoscenico canta, racconta storie, suona violini elettronici e non da lei ideati, tra suoni spaziali e vibrazioni per i non udenti. Questo fa Laurie, questo e molto altro, per esempio quando ricorda l’amato Lou Reed, con il quale duettava e condivideva passioni e quotidianità e continua a farlo ammettendo candidamente: «L’intelligenza artificiale mi permette di dialogare con Lou anche oggi, so che può sembrare sciocco ma non è così, a volte mi basta guardare il cielo, altre volte utilizzo l’AI e le risposte che mi arrivano me lo fanno sentire ancora vivo, è una specie di dipendenza».
Lou, l’ex Velvet Underground amico di Andy Warhol, il rocker ex tossico e conflittuale, ma da sempre anche uno dei più raffinati poeti newyorkesi, ritrovò il proprio equilibrio proprio nel momento in cui incontrò Laurie Anderson, da lui definita nel brano “Trade in”: «I’ve met a woman with a thousand faces /and I want to make her my wife» (Ho incontrato una donna dai mille volti /e voglio farne la mia sposa). E con la quale, in “Hang on to your emotions”, ci esortava a lasciarci andare al sentimento.
Quanto ci manca, Lou Reed…

di Eleonora Bagarotti

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