Le piccole donne di Greta Gerwig

Forse non abbiamo parlato abbastanza di Barbie, no scherzo di Barbie sapete tutto, ma di Greta Gerwig, scaraventata dall’essere una donna che fa film per donne a regista del blockbuster planetario del 2023, cosa sapete?

Intanto è stata un’attrice per diversi anni, anche per suo marito Noah Baumbach ad esempio in “Frances Ha”, buffa commedia indipendente ma non esattamente indimenticabile anzi vagamente irritante su una quasi trentenne che sembra incapace di crescere.

La stessa sensazione che mi ha lasciato il suo film d’esordio, quel “Ladybird” tanto celebrato ma anche tanto tanto tanto leggero. Un’altra storia di formazione con qualche battuta ben piazzata tra la ragazzina protagonista e la madre: “Puoi andare giusto al City College. Anzi, con la tua etica del lavoro puoi andare al City College e poi in prigione e poi tornare al City College e poi allora forse avrai imparato a farcela da sola e a non aspettare che tutti facciano qualunque cosa per te”. La storia è ambientata durante l’ultimo anno delle superiori della protagonista Christine, che mescola rapidissima comportamenti aggressivi e anticonformisti a un grande affetto per i genitori a una grande ambizione per il proprio futuro, cercando di tenere tutto a bada.

Parte bene ma si ricompone quasi subito tornando nei binari (“la parte sbagliata dei binari”) di un (altro) filmetto indie molto piacevole, ben scritto, molto ben interpretato soprattutto dal comparto femminile, madre (Laurie Metcalf) e figlia (Saoirse Ronan) su tutte, e che ha trovato vento favorevole in questo momento storico per essere inserito tra i titoli forti del 2017 da tutti i giornali USA che l’hanno traghettato fino alle sponde sicure della stagione dei premi hollywoodiani dove ha vinto il Globe come Migliore Commedia e come Migliore Attrice Protagonista e fino alle cinque candidature agli Oscar.

Quello che però improvvisamente ho trovato interessante è stata la sua riproposizione di “Piccole donne”, ennesima storia di formazione e prodotto culturale da femmine all’ennesima potenza. Perché mentre le femmine leggono “Moby Dick” i maschi non leggono “Piccole donne”, e ancora meno vanno a vedere il film tratto da “Piccole donne” della regista donna (una locuzione ossimorica che mi fa impazzire) che fa film per le donne.

E certo, a chi deve fregare di quattro ragazze che a metà Ottocento sanno perfettamente di essere una con poche scelte nella vita, se non alle donne?

E invece la versione di Gerwig, modaiola al punto giusto, con tutte le facce nuove del cinema contemporaneo, Watson, Ronan, Chalamet, Pugh, è importante, forte e compatta, e ci dice che milioni di piccole donne, dentro e fuori dal film, vogliono vedere il proprio libro stampato, vogliono il potere e anche le rose, e ogni giorno vanno a cercare la propria personalissima balena bianca.

 

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