L’Ora di cinema, conclusione: padri che rischiamo di diventare

Ha chiuso con un altro film prezioso questa settimana di “L’Ora di cinema”, il Festival per la Scuola organizzato da Fondazione Fare Cinema, presieduta da Marco Bellocchio e diretta da Paola Pedrazzini, in collaborazione con il Liceo Classico Melchiorre Gioia: di “Favolacce” e di Damiano e Fabio D’Innocenzo, vincitori del Bobbio Film Festival nel 2018, parlo da molto tempo e sentirli raccontare la loro visione e la loro idea di cinema non fa altro che aumentare l’interesse nei confronti del loro lavoro.

 

I D’Innocenzo non vengono da una scuola di cinema ma da quella esperienziale di Tarantino, ovvero di chi ha visto centinaia di film e ha letto centinaia di libri e fumetti e da tutto quel bagaglio di visioni e letture estraggono non solo film, ma libri, fotografie, disegni, come se fossero vulcani in ebollizione che sputano pezzi incandescenti di sé stessi.

“Questo film lo abbiamo scritto dieci anni fa, e continua a restare attuale: tutti i giorni siamo di fronte alla cattiveria, alla crudeltà, è il sentimento più forte che determina la nostra modernità. Abbiamo fatto un film su una società in decomposizione e lo abbiamo ambientato in estate: una storia di morte in una luce forte, il freddo dei sentimenti e il caldo della stagione”.

Le loro intenzioni sono sempre nitide e le loro inquadrature così come le loro decisioni di montaggio, sono implacabili: “Disegniamo le inquadrature per controllare almeno il film, visto che non ci riusciamo con la nostra vita. Non è mai una questione di stile, ma sempre di storia, che va assecondata, che deve avanzare senza trovatine azzeccate. Noi amiamo il cinema perché è una comunicazione non verbale: sembra un paradosso che il mainstream italiano sia tanto parlato, pieno di spiegazioni. Noi cerchiamo di andare contro alla spiegazione superficiale per spingere lo spettatore a cercare un punto di vista più profondo”. E noi qui restiamo, nel profondo, ad aspettare il loro prossimo film, ancora più spinto.

 

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