Marta, malata di Alzheimer, ascolta Tchaikovskij e si ricorda di essere stata una ballerina
Un lato positivo di questi giorni in cui si sta molto chiusi in casa è che sono stata inserita in un gruppo molto interessante, in cui si riflette sul senso della musica, del suonarla in un certo modo e dell’ascolto. Poche ore fa, mi è giunta una suggestione scaturita dal video virale di una ex ballerina malata di Alzheimer che sente “Il lago dei cigni” e si mette a danzare mentre si trova, anziana, in sedia a rotelle. Si chiama Marta C. Gonzàles. Negli anni Sessanta faceva parte del New York City Ballet ed è scomparsa un anno fa.
Il dibattito tra musicisti si è acceso ed è stato corredato da uno studio interessante in tema di musica e memoria di Irene Baccarini e Alessandro Cifariello. I due partono da quando, prima delle registrazioni e della tecnologia, la fruizione della musica era strettamente legata alla memoria. Quest’ultima viene poi analizzata in ogni sua specificità, da quella tattile a quella collettiva, per approdare a una visione d’insieme del rapporto tra arte e memoria.
La memoria, come ben sappiamo, ha anche una funzione di tipo etico. Anche utilizzando i mezzi tecnologici più sofisticati, infatti, necessita di sensibilità. Ed ecco, in estrema sintesi, il passaggio dall’informazione al senso. Un senso che, nella musica come nell’arte, diviene più pregnante. Personale, ma non solo.
La conclusione dello studio ci spiega che il testo musicale, parte del sistema semiotico della cultura – e quindi fenomeno culturale dotato di un suo proprio linguaggio -, è portatore di un’informazione particolare, la “memoria musicale”. Recepita dall’ascoltatore per mezzo della capacità mnemonica e rielaborata tramite il gusto estetico formato dalle esperienze precedenti, la “memoria musicale” guida il giudizio estetico sull’opera.
Se quest’ultima parte riguarda, in particolare, chi scrive di musica, osservare Marta, già gravemente malata, reagire anche mnemonicamente alle note di Tchaikovskij che tante volte aveva danzato in palcoscenico fa comprendere come, in particolare nei malati di Alzheimer, anche la “memoria musicale” sia di estrema importanza. La stessa importanza che, in un’esecuzione musicale, assumono poche note – se pensate, vissute, comunicate con purezza e intensità. Cuore e tecnica.
Infine, la riflessione che ha accomunato tutti i musicisti del nostro gruppo ci ha condotti a una presa di coscienza più interpretativa: meglio due note fatte bene che un milione senza senso.
Ma questo, in tempi social, probabilmente vale anche per le parole.
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