«Nelle mie opere c’è amore per l’Italia. Ora lavoro al mio album, i Rem sono il passato»
Un grande amore per l’Italia, la sua cultura, la sua storia. C’è tutto questo, e molto altro, nella mostra “I have lost and I have been lost but for now I’m flying high” di Michael Stipe, fino al 16 marzo all’Ica di Milano.
Il celebre ex leader dei Rem, gruppo cult che si è sciolto nel 2011, è indubbiamente un artista che travalica i confini della musica: scrive libri, scatta fotografie, realizza sculture. «Sono onnivoro di viaggi, letture, arte, storia. Mi incuriosisce la vita, con i suoi alti e bassi».
Con questo messaggio, Stipe è tornato in Italia per presentare la sua esposizione ed «incontrare amici, apprezzare angoli della città che non avevo ancora scoperto», dice mostrandosi disponibile, con un tocco di timidezza nei modi. La stessa disponibilità, Stipe l’aveva dimostrata durante alcune incursioni nel Piacentino, riportate in passato da “Libertà”: la prima anni fa per una visita notturna, con tappa alla Antica Osteria del Teatro allora gestita dallo chef Filippo Chiappini Dattilo e la seconda, di recente, a La Faggiola di Gariga per una sosta all’Ostreria dei fratelli Pavesi. «Il cibo è conoscenza e condivisione, amo assaggiare la cucina locale dei luoghi in cui mi trovo», ammette mentre sciorina i nomi di alcune trattorie tipiche, che gli sono state consigliate.
Nei suoi nuovi progetti artistici, inclusa la mostra, emerge un amore particolare per l’Italia.
«Sono sempre stato attratto dal vostro Paese e, più in generale, dalla storia e dalla cultura europea, come la mia cara amica Patti Smith e un po’ come tutti gli artisti americani. La storia millenaria è ciò di cui sentiamo la mancanza. Aiuta a comprendere meglio l’arte moderna e contemporanea. Studiare la cultura greco-romana è stata una fonte di ispirazione».
Il titolo della sua mostra si traduce in “Ho perso e mi sono perso ma per ora sto volando alto”. Sembra combaciare con quell’abbraccio tra nostalgia e dolore, presente e speranza che si coglie in alcune opere e installazioni.
« Non potrei che essere d’accordo, inoltre credo che ognuno possa “leggere” l’arte in modo personale. Gli elementi ci sono: le fotografie, spontanee o “professionali”, i riferimenti poetici, i vasi dedicati ad amici artisti di cui sento la mancanza, antichissima usanza».
La morte è un argomento sul quale lei sembra riflettere.
«Artisticamente ho voluto ricordare, omaggiare, artisti come Sinead O’Connor, Lou Reed, Maria Callas… persone con cui ho trascorso del tempo, realmente o mentalmente. Ciascuno mi ha dato talmente tanto che ho voluto esprimere questo arricchimento personale per riconsegnarlo ai visitatori. Ed è un modo per ribadire che gli amici artisti che abbiamo amato sono ancora qui».
In conferenza ha mostrato il suo ultimo libro fotografico “Even the birds gave pause” e annunciato l’uscita del suo primo album solista: una notizia- bomba, per i fan dei Rem che ancora sperano in una reunion.
«E’ stato importante parlarne in un luogo splendido come il Museo del Novecento, accanto al Duomo. Esporre a Milano è un onore. Forse l’album uscirà a fine anno. Le canzoni ci sono, ma al momento resto concentrato sull’esposizione e non posso anticipare altro. Non ho mai abbandonato la musica, mi interessa lavorare alle canzoni con i nuovi mezzi tecnologici e trovo interessante l’idea di poter tornare in studio con un ampio orizzonte da esplorare. Da solo, però. Non ci sarà una reunion dei Rem. Abbiamo fatto il nostro percorso, e va bene così».
di Eleonora Bagarotti
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