Orizzonte degli Eventi: la creatività piacentina conquista il mondo dei giochi da tavolo

La passione per i board games comporta un frequente effetto collaterale: la voglia di dare vita a un proprio gioco originale. Lo sa bene il piacentino doc Stefano Groppi che affianca al suo lavoro di insegnante di Religione al Romagnosi Professionale (ex Casali) di Piacenza quello di game designer ed editore.

Da oltre 30 anni appassionato di wargames e board games, nel 2007 Stefano fonda insieme ad altri soci l’associazione ludica Orizzonte degli Eventi, uno dei punti di riferimento principali di Piacenza per gli amanti di questo hobby.

Ed è in quella sede che inizia a sperimentare creando regole personalizzate per titoli già esistenti (i così detti home rules) fino ad arrivare al momento di sentirsi pronto a creare qualcosa di suo. Questa voglia di seguire i propri sogni ha innescato una reazione a catena che ha portato a qualcosa di grande: la nascita della casa editrice Placentia Games.

Incuriositi da questa parabola imprenditoriale, abbiamo deciso di incontrare Stefano per farci raccontare la sua affascinate avventura.

«Tutto è iniziato quando ho provato a inventare giochi da zero. I primi due prototipi sono stati decisamente fallimentari. Il terzo, invece, proposto ai miei amici, è piaciuto molto. Due di loro, Sandro Zurla e Franco Arcelloni, mi hanno così proposto di provare a pubblicarlo insieme a loro, a mo’ di scommessa. Così abbiamo fondato la Placentia Games, il cui scopo era quello, principalmente, di far prendere alla nostra passione una nuova strada attraverso la pubblicazione di un gioco che sarebbe poi diventato Florenza».

È stato complicato entrare nel mondo dei giochi da tavolo senza avere esperienza?

« Effettivamente sì, eravamo inesperti delle dinamiche editoriali di un gioco in scatola e così ci siamo fatti aiutare dalla Post Scriptum in qualità di consulenti. Dopo due anni di gestazione siamo finalmente stati in grado di presentare il nostro gioco nel 2010 ad uno dei più importanti eventi del settore: la Fiera di Essen. L’accoglienza fu superiore alle nostre aspettative e terminammo le 120 copie disponibili ben prima della conclusione dell’evento!».

Qual è stata la molla creativa che ha portato alla creazione di Florenza? Sei partito dal tema o hai creato prima la meccanica di gioco e successivamente scelto l’ambientazione?

«Sono partito dal tema: Firenze rinascimentale ha un fascino assoluto. Mi sono chiesto allora come far gareggiare le famiglie nella realizzazione di opere d’arte che dessero lustro alla città e al casato, così è nata l’idea di un gioco con sette risorse, tre tipologie di artisti, una plancia comune ed una personale per ogni giocatore, con l’influenza della religione e un tocco di casualità nella realizzazione dell’opera d’arte. In fondo, quando assoldi un artista non sai se farà un capolavoro o un’opera mediocre… ».

Il successo del gioco che conseguenze ha avuto sul progetto Placentia Games?

«Visto il buon successo del primo gioco, abbiamo deciso di continuare con l’esperienza. È seguito quindi Ark & Noah e poi anche la versione card game di Florenza. Il gioco successivo, Bretagne, è stato il primo di un altro autore. Nel frattempo, la realtà che avevamo creato era cresciuta troppo per rimanere solo un hobby e troppo poco per diventare un lavoro anche solo per uno di noi, così abbiamo deciso, complici anche gli impegni personali, di chiudere la società e di dare in uso il marchio a quelli che erano stati i nostri consulenti. Pertanto, è possibile trovare altri giochi a marchio Placentia Games ancora oggi».

La tua formazione accademica ha influenzato l’approccio alla creazione dei tuoi giochi?

« Ho una laurea in economia e commercio, oltre al baccellierato in teologia, e questa è entrata nella preparazione dei prototipi soprattutto per l’utilizzo della statistica per rendere il gioco più equilibrato. Di solito, parto da un’idea, che può essere un’ambientazione e o una meccanica e, se al primo playtest non è un completo fallimento, il resto è un lungo lavoro di limature in cui statistiche e probabilità possono giocare un ruolo importante».

C’è un gioco particolarmente importante nella tua vita di appassionato di board games?

« Il primo grande amore è stato, trent’anni fa abbondanti, Axis& Allies. Il mio preferito in assoluto è Here I stand, ma potrei citarne altri quali Imperial, Advanced Civilization, Age of Reinassance o Kingdomino».

Essendo tu un insegnate, cosa ne pensi del gioco da tavolo come strumento educativo?

« Assolutamente adatto per tutte le età: si presta meglio per alcune materie o argomenti, ma è sicuramente un elemento da utilizzare. Ricordo che nella mia prima lezione di economia, ad un corso professionale, usai il Mercante in Fiera per suggerire il sistema di formazione del prezzo in base al principio di domanda ed offerta».

Pensi che i giochi da tavolo possono ancora attirare il pubblico più giovane appassionato di videogiochi?

«Credo che i videogiochi, anche quelli in multiplayer, manchino di quell’aspetto di convivialità e “presenza fisica” che i board game invece possono garantire. La bellezza di vedere le espressioni degli altri giocatori, la fisicità, il rapporto diretto e non mediato da uno schermo o dalle cuffie, la manualità del maneggiare i componenti del gioco hanno un fascino che può ancora catturare i giovani».

C’è un progetto o una tematica che vorresti tanto portare sui tavoli dei giocatori di tutto il mondo?

«Ce ne sono tanti! Sto lavorando, con pochissimo tempo a disposizione, a tre prototipi. Le tematiche sono le Repubbliche Marinare e un museo d’arte di fine Ottocento, ma la più originale è un astratto vestito come la composizione di un’aiuola con fiori di diverse altezze e colori».

Per concludere, hai un consiglio a tutti i piacentini che vorrebbero avvicinarsi al mondo dei giochi da tavolo?

« A me piace dire che “il gioco è una cosa seria”, cioè non è un’attività adatta solo ai bambini: è adatta a tutte le età che può rilassare e divertire. Come si dice abbia affermato G.B. Shaw: “Non si smette di giocare perché si invecchia, ma si invecchia perché si smette di giocare”. Quindi, il mio consiglio è quello di provare a giocare ai board games, magari nella sede di Orizzonte degli Eventi sullo Stradone Farnese 26».

di Carlo Chericoni

© Copyright 2024 Editoriale Libertà