Quando David Crosby e Graham Nash suonarono al Fillmore di Cortemaggiore. Riecco l’intervista rilasciata “Libertà”
Nei giorni scorsi il mondo ha detto addio alla voce libera e al talento puro del grandissimo David Crosby. Si era esibito, nel 2005, al mitico Fillmore di Cortemaggiore, durante l’ultimo periodo glorioso del locale. Per l’occasione, avevo avuto l’onore e il piacere di intervistarlo, insieme a Graham Nash, per “Libertà”.
Oggi, in sua memoria, ripropongo quella conversazione.
David Crosby e Graham Nash, i due miti della West Coast, si esibiranno presto nel Piacentino: la prima del tour italiano 2005 degli “Stanlio e Ollio del Rock” (come li ha etichettati simpaticamente la stampa, anche se l’etichetta, per loro due, è un bel po’ fuorviante…) si terrà sabato 5 marzo al Fillmore di Cortemaggiore, con inizio alle 21.30. Crosby&Nash (così amano farsi chiamare poiché – mi spiegano – la “&”, a differenza dell’esteso “and”, in America assume il significato di unione totale) hanno iniziato a deliziare negli Stati Uniti un gran numero di appassionati, già appagati dall’osannato album Crosby-Nash che ha preceduto il tour.
Riusciamo a strappar loro qualche battuta durante una breve sosta tra l’ultimo concerto negli Stati Uniti e il primo europeo, ad Amsterdam.
Parlare con David e Graham suona subito familiare per il timbro delle voci, che riporta immediatamente ai falsetti più famosi del mondo. Voci che hanno segnato la musica e la cultura dell’epoca hippie, con Stephen Stills e Neil Young e, nei primi anni ’70, ognuno per conto proprio. E poi, diciamolo, sono proprio simpatici!
A trent’anni dal loro inizio – la leggenda li vuole, per la prima volta, seduti a strimpellare sull’orlo della piscina di Mama Cass dei Mamas and Papas, che li convinse a intraprendere la carriera musicale – , ecco accadere quello che molti fan piacentini e del nord Italia non si sarebbero mai aspettati: la performance a pochi chilometri dalla nostra città, che unirà le due anime, quella cantautorale nel senso più alto del termine e quella più melodica e orecchiabile del duo, in un felice momento sonoro.
Fino a qualche anno fa i fan italiani, in particolare quelli che vivono in zone di provincia, non avrebbero mai sperato in una vostra performance dietro casa. Come mai avete deciso di suonare in piccole città?
“E’ emozionante suonare in grandi spazi, ma dopo un po’ esibirsi in luoghi più intimi è molto attraente per un musicista abituato ai grandi stadi delle grandi metropoli. E pensare che all’inizio eravamo intenzionati a fare solo poche tappe americane…”.
Poi cos’è accaduto?
Crosby: “Che siamo stati benissimo. A me non capitava da tanto tempo. E con quest’uomo (rivolgendosi a Nash, ndr.), mi trovo benissimo”.
Parla Nash: “Siamo proprio come Laurel&Hardy!. Scommetto che non riesci a capire chi dei due è Laurel e chi Hardy”.
Crosby: “Secondo me, invece, lo capisce benissimo!” (risate, ndr)
E con quale stato d’animo un tale duo approda fuori dai luoghi consueti?
Crosby: “E’ importante compiere scelte che vadano contro le grandi corporation. Noi andiamo in questa direzione e anche suonare dal vivo in certi posti invece che in altri, non solo preparare un album in studio di registrazione, può assumere l’importanza di un messaggio di questo tipo”.
Tutti vi associamo al Festival di Woodstock: quanto il vivere in una determinata epoca, densa di eventi musicali e sociali rivoluzionari, vi ha influenzati e quanto continua a farlo, negli anni Duemila?
Crosby: “Devo dire che il presente non è affatto roseo, sotto tutti i punti di vista. Io sono uno che, nella vita, ha commesso errori ma se paragono la mia esistenza con quella di un giovane d’oggi, noto che la mia gioventù è stata il massimo, un momento idilliaco”.
Come ci si sente ad essere dei miliardari americani, pur avendo intrapreso il tour “anti-Bush”, dichiarandovi contrari alle multinazionali?
Nash: “A volte inadeguati, ma non siamo sempre stati ricchi. Per pareggiare i conti con la vita bisognerebbe andare a dare una mano in India o in Thailandia. Voglio dire, a parte l’aiuto economico e la beneficenza che ognuno può decidere di fare, non è che essere occidentali sia una colpa. E non la è neppure essere americani. Mi dispiace che l’America sia poco amata di questi tempi. Io so che è meravigliosa e questo nonostante una parte di popolazione sia evidentemente ignorante e arretrata”.
Crosby: “La vera colpa è sostenere una politica che se ne frega delle persone. Se penso a come hanno votato gli americani alle ultime presidenziali…” (riferendosi a quelle del 2004, in cui ha vinto George W. Bush, ndr).
Forse ci vorrebbe un’altra Woodstock, di quelle vere e non riesumate.
Nash: “Il tempo non torna indietro, però sarebbe bello pensare che molti la pensano come noi. Lo vedi come stanno andando le cose? Non bisogna limitarsi a sospirare di fronte a un servizio televisivo, bisogna spendersi in prima persona. Come musicisti, noi cerchiamo di farlo”.
Le reunion sono ormai una moda per molte rockstar: dopo tanti anni, cantare di nuovo insieme serve più ad arricchirsi o a tornare giovani?
Nash: “Suona un po’ banale, detto da chi può permettersi lussi che la maggior parte delle persone non possono permettersi, ma è così. Io ho 62 anni e sono nato a Blackpool in una famiglia molto povera e, credimi, non ho mai dimenticato come ci si sentiva. Dunque, il primo motivo che ha riunito me e lui è stata la musica. Diciamo che la musica ha travolto le nostre esistenza, come uno Tsunami ma in positivo. E questo ci fa sentire più giovani”.
Nelle tappe europee riproporrete i vostri grandi successi e le nuove canzoni. Con quale repertorio vi sentite più a vostro agio?
“Ci sentiamo benissimo con tutte le nostre canzoni, davvero. Il fatto è che i brani del passato li sentiamo, per affinità, molto personali. Però il nostro ultimo album, che è stato registrato in una stanza, acusticamente e con mezzi tecnici ridotti al minimo, ci ha soddisfatto moltissimo. Questo anche grazie al produttore Nathaniel Kunkel e a tutti gli altri che sono stati dei collaboratori eccezionali. Ci siamo sentiti come se fossimo una famiglia e la voglia di suonare dal vivo è aumentata”.
Dunque, non resta che attendere di riassaporare quelle atmosfere dal sublime fascino acustico e quei coretti a due voci sincere, che l’età ha riunito dopo molte vicissitudini (su tutte, il trapianto di fegato che David Crosby ha avuto nel ’94), pur concedendogli di mantenere il fascino intramontabile di sempre. Tanto che, entrambi, annunciano che, una volta finito il tour, ci sarà anche una reunion con Stills e Young.
Allacciate le vostre cinture di sicurezza!
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