Quando Montale recensiva le opere di Verdi alla Scala
Uno dei segreti per migliorare la propria scrittura critica è quello di leggere firme irraggiungibili. Nel constatare i propri limiti, infatti, si imparano molte cose. Per questo motivo, tra gli altri, ho trascorso l’ultima settimana leggendo un saggio di scritti del grande poeta Eugenio Montale.
Al Premio Nobel per la Letteratura è stata dedicata la raccolta “Verdi alla Scala – Le recensioni (1955-1966)” a cura di Stefano Verdino e Paolo Senna, edito da Il Canneto. Nel volume si trovano gli scritti di Montale, specialmente quelli dedicati a Giuseppe Verdi, autore con il quale il poeta ebbe sempre un rapporto molto particolare, ed anche un’analisi del Montale recensore. Si scopre, tra le altre cose, che il poeta studiò da baritono per otto anni e con i suoi scritti critici dal Teatro alla Scala fu anche testimone di quello che lui stesso definiva “il verdismo e l’antiverdismo italiano sin quasi dall’inizio del secolo (Novecento)”, ammettendo di “essere tra coloro che preferiscono il primissimo Verdi, quella vena che va dal Nabucco e dai Lombardi fino ai miracolosi recitativi del Don Carlos, e vedono in lui, potenzialmente, una specie di più grosso Musorgskij italiano… pur ammettendo che il Verdi più grande e più italiano sia quello del Trovatore”.
Il saggio approfondisce, e se ne trovano chiare tracce nelle righe montaliane, la minuziosa analisi dei libretti, da un punto di vista drammaturgico e – naturalmente – metrico. Una lucidità metrica che, di conseguenza, va di pari passo con la partitura musicale. Se questa parte del libro è adatta a chi desidera approfondire le proprie conoscenze musicali già acquisite, il resto piacerà anche a chi non è “del mestiere”, ma può comunque apprezzare un affresco storico, letterario e critico che, aimé, oggi non esiste più.
Così, mi permetto di spezzare una piccola lancia nei confronti di chi si batte per dare maggiore dignità, partendo da una formazione specifica, ai critici musicali, d’opera e non solo.
La musica necessità di maggiore cura, Eugenio Montale nel 2020 torna a ribadircelo.
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