Rock & Passione: alcune canzoni che il #MeToo avrebbe censurato

Qualche tempo fa, sono incappata nel video di una canzone che amo moltissimo.  S’intitola “Crash Into Me” e un cantautore raffinato, e con tanto di aspetto da bravo ragazzo, come Dave Matthews l’ha pubblicata con la sua band nel 1996. Si tratta di una delle canzoni dedicate al desiderio più esplicite e musicalmente ricercate. Il video gioca sulle maschere del desiderio stesso, con rimandi al “Sogno di una notte di mezza estate” di Shakespeare, ai simboli primordiali, a un Sabba che somiglia a un rituale d’amore di streghe che, forse, sono solamente fate.
Ho pensato, nonostante il mio personale e totale rapimento, che se da un lato questa Serenata esplicita sia quanto di meglio si possa cantare a una donna desiderata,  dall’altro il movimento #MeToo non l’avrebbe fatta passare liscia al povero Dave, che  nel testo racconta di sbirciare dalla finestra una castellana, iniziando con lei un gioco malizioso.
Ma non c’è solo una piccola opera-gioiello come “Crash Into Me”, in questo calderone pre-MeToo. Ci sarebbero centinaia di canzoni rock dense di metafore e miriadi di donne che non temono la propria sensualità – mettiamola così, per esempio ripensando all’intera discografia dei Rolling Stones, dalla quale prenderei semplicemente “She Was Hot”, un estratto dall’album “Undercover” (altro titolo esplicito…) del 1984.

Eppure, a ben vedere, in quegli anni Ottanta che sembrano oggi lontanissimi, il precedente Femminismo sembrava aver portato alle donne questa concessione di “libertà di costumi, di scelta, di piacere” che oggi pare voler essere ribadita, ma sempre  in contrasto al Maschile, giudicando ogni suo minimo gesto come presunta volgarità, quando non prevaricazione. Non scherziamo: la violenza, anche psicologica, è ben altro. Io, da tutto questo, cerco di smarcarmi. Sarà che ho ascoltato tanta di quella musica libera che non riuscirei mai a ergermi a censora.
E quando oggi mi tocca leggere che le foto di copertina dell’album “Buckingham Nicks” (1973) sarebbero il frutto di un presunto “abuso” di Lindsey Buckingham nei confronti dell’allora fidanzata Stevie Nicks, rido come una matta. Perché, essendo da sempre  una seguace della Nicks (e dei Fleetwood Mac), so benissimo quanta sensualità,  passione e libertà, sotto questo aspetto, lei abbia sempre cantato – per non parlare della sua voce uterina e dei numerosi fiancé orgogliosamente esibiti, con rottamazione degli stessi da record. Aggiungo, costringendomi alla sintesi, una nota: Stevie Nicks ha deciso, nel 2009, di pubblicare proprio la cover di “Crash Into Me” di Dave Matthews come singolo di “The Soundstage Sessions”. Ascoltatela, la versione di Stevie, in cui è lei che sembra voler dire all’uomo di turno “muoviti, dai… quando ti decidi?”

In queste righe, mi limito a qualche esempio. Ma ci si potrebbe scrivere, quanto meno,  un saggio. E ampliare certamente il discorso, a partire da “Che gelida manina” da “La  Bohème” di Giacomo Puccini, sulla quale esiste un gustoso carteggio tra il  compositore ed uno dei suoi librettisti, tal Luigi Illica di Castellarquato. E poi proseguire attraverso tutto l’universo Soul e Funky… altro che saggio, un’enciclopedia!
Già che ci siamo, visti i recenti scandali a posteriori, censuriamo i Led Zeppelin, gli Aerosmith (che, per inciso, hanno dedicato un brano alla violenza sulle donne, “Janie’s Got a Gun”, e non solo alle donne come oggetto di desiderio), i Guns N’ Roses… e persino il buon Bruce Springsteen, che in “I’m On Fire” descrive un’ammaliante Signora che gli porta l’auto in officina e lui, uscito sporco d’olio da sotto un cofano, s’incendia subito. E che dire di Joan Jett e delle sue Runaways, una delle (numerose, per fortuna) testimonianze femminili di Rock & Passione esplicita.
Non so voi ma io, questi qui, continuerò ad ascoltarli tutti.

 

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