Saltare con le auto di grattacielo in grattacielo SI, guidare nello spazio NO: Fast and Furious 9

I numeri dicono il contrario (con i circa 700 milioni di dollari incassati dall’uscita del 25 giugno scavalca sia “Godzilla vs. Kong” che “Black Widow”, anche se siamo ancora lontani dalle cifre degli ultimi due capitoli), ma, e lo dico da fan, la saga di Fast and Furious è finita due episodi fa, con “Fast and furious 7” del 2015 e il suo epico saluto a Paul Walker (e con il salto del palazzo).

 

 

Fast & Furious 7 si iscrive infatti nell’olimpo dei titoli memorabili perché la Famiglia, costruita progressivamente durante la saga in un modo che ricorda L’Era Glaciale o Toy Story, perde, durante la realizzazione di questo film, uno dei due protagonisti. A due mesi dall’inizio delle riprese Paul Walker muore in un incidente stradale perché do not mistake coincidence for fate. Si pensa di chiudere tutto, poi la produzione e gli attori decidono di proseguire, sia utilizzando scene inedite di Paul Walker e sia girando nuove scene con i 2 fratelli di Walker e aggiungendo poi volto e voce dell’attore in postproduzione
Di fatto tutto il film, riscritto dopo la sua morte, è un enorme tributo a Paul Walker. E giustamente perché altro non ha fatto nella sua vita Paul Walker. Tra tutti era il meno interessante, il meno carismatico, un attore senza le capacità di reggere un intero film sulle spalle. Paul Walker era bello, atletico ed era Brian O’ Conner, il Kit Carson di Dominic Toretto (Vin Diesel).

 

Ma il franchise must go on, ormai le uscite sono eventi MONDIALI e “Fast and Furious 8” è un filmaccio dove la storia è poco più di un pretesto per mostrare un cocktail di location spettacolari, riprese dall’alto, ralenti gloriosi, battute da duri e frasi ad effetto. È un filmaccio ma ancora in senso abbastanza buono, come un amico tamarro di cui ci si vergogna, talmente fidato da sembrare prevedibile e allo stesso tempo sempre capace di stupirti. E ce ne sono almeno tre di sequenze memorabili: l’evasione dalla prigione dei più duri dei duri, l’ex campione di arti marziali Jason Statham e l’ex wrestler Dwayne Johnson “The Rock”, la caduta delle macchine dal cielo e la sequenza finale di inseguimento sul ghiaccio. Dimenticabilissimo è invece il nemico di questo episodio (Charlize Theron), l’hacker migliore del mondo con le motivazioni più improbabili del mondo, che inserisce, nella costruzione epica del personaggio, un dubbio che già era stato sfiorato negli episodi precedenti: “Che cosa è la cosa più importante per te, Dom? La famiglia o quei dieci secondi tra la partenza e il traguardo?”

 

Ora, quelli come me, cresciuti a pane e Predator, li fai contenti con gli inseguimenti spettacolari di macchine in un paesaggio ghiacciato islandese. Però.
Con questo “Fast & Furious 9 – The Fast Saga” lo sforzo continuo di tornare ai bei tempi comincia a sgretolarsi: se già nel film precedente avevo l’orticaria guardando il siparietto di Statham con il bambino e il pannolino, in questo capitolo senza i due colossi, con Dom Toretto così tirato che ormai sembra il cartone animato di sé stesso (ehi, ecco un’idea per il futuro), dai dialoghi abbiamo sempre preteso poco ma qualcosa di meglio di “Ogni speranza di pace è morta su quella pista”o “Nessuno sfugge al suo passato e il tuo ti ha appena raggiunto”, sparute apparizioni delle altre guest star (Helen Mirren, Kurt Russell, Charlize Theron), il tentativo di introdurre un nuovo membro (John Cena nei panni del fratello Jacob) ma non c’è cuore, non c’è sentimento, mille flashback poco emozionanti, i personaggi spalla che vorrebbero farmi ridere figurarsi non li sopporto neanche quando mi fanno ridere, i morti che resuscitano, ormai qua siamo di fronte a un cadavere e non c’è defibrillazione che tenga e ne hanno annunciati altri 2 prima di concludere quindi prepariamoci allo zombie-movie.
L’unica che proprio continua a piacermi è Michelle Rodriguez.

 

 

 

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