Sei stato nominato: le candidature agli Oscar 2023
È arrivato quel momento dell’anno in cui i critici e i cinefili di tutto il mondo gioiscono o si disperano o biasimano o fingono distacco oppure cominciano a scommettere su quel titolo o su quell’altro (tutto vero): le nomination agli Oscar non vengono mai accolte serenamente dalla comunità professionale e amatoriale che ruota intorno al mondo del cinema. Ce lo ricorda anche Paolo Sorrentino in una puntata di “Call My Agent – Italia”, quando parla del “critico cinematografico che alligna con perseveranza nel cuore del genitore moderno”.
Di tanti film abbiamo ovviamente già parlato qui durante l’anno: del resto, ogni critico è anche un fan, e io (al contrario di buona parte della critica italiana) sono molto felice delle 11 nominations (tutte importanti: Miglior Film, Migliore Regia, Miglior Attrice Protagonista (Michelle Yeoh), Miglior Attrice Non Protagonista (Jamie Lee Curtis), Miglior Attore Non Protagonista (Ke Huy Quan), Miglior Attrice Non Protagonista (Stephanie Hsu), Montaggio, Costumi, Colonna Sonora, Canzone, Sceneggiatura Originale) a quell’opera folle, trasgressiva, volgare, struggente e visionaria che è “Everything Everywhere All At Once” dei Daniels. Vincerà parecchio, tornerà nei cinema.
Lo segue da vicino con nove candidature un altro film straordinario per idea, scrittura e interpreti, “Gli spiriti dell’isola”, opera tutta irlandese di Martin McDonagh (in uscita ai primi di febbraio): anche qui, Film, Regia, Sceneggiatura, tutti e quattro gli attori principali (Colin Farrell, Brendan Gleeson, Barry Keoghan, Kerry Condon).
Nove candidature (e qui cominciano le domande) anche per “Niente di nuovo sul Fronte Occidentale”, manifesto anti-guerra sulle trincee della prima guerra mondiale diretto da Edward Berger per Netflix, passato quasi inosservato e non particolarmente impressionante (soprattutto in confronto a “1917” di Sam Mendes di qualche anno fa, che se non altro si distingueva per il taglio registico)
Otto candidature per il grande spettacolo di “Elvis” di Baz Luhrmann, che punta forte su Austin Butler come Miglior Attore, sette per “The Fabelmans” di Steven Spielberg (Film, Regia, Michelle Williams alla quinta candidatura come Miglior Attrice, il giovane Judd Hirsch come Miglior Attore Non Protagonista) e per “Tár” di Todd Field (anche qui Film, Regia e un’altra candidatura di peso per Cate Blanchett, che di Oscar ne ha già vinti due). Sei nomination, tra le quali anche quella per il Miglior Film, anche per “Top Gun: Maverick”.
Solo quattro nomination (tra le quali Miglior Film) per “Avatar – La via dell’acqua”, mentre a sorpresa entra con tre candidature (Film, Regia, Sceneggiatura) “Triangle of Sadness”, il film di Ruben Östlund vincitore della Palma d’Oro 2022. Ultimo titolo candidato come Miglior Film è “Women Talking” di Sarah Polley con un grande cast quasi tutto femminile.
Per il riconoscimento di Migliore Attrice concorrono anche Ana De Armas per la Monroe di “Blonde” e, altra grande sorpresa, Andrea Riseborough per “To Leslie”, supportata da una grande campagna tra le colleghe attrici, mentre per il Miglior Attore sono in gara anche Paul Mescal per “Aftersun” di Charlotte Wells e Bill Nighy per “Living” e, tra i favoriti in quest’anno di grandi ritorni di star dimenticate, Brendan Fraser per “The Whale”, che arriverà a febbraio in sala (qui avrei messo una foto del film, ma non so perchè in giro ci sono solo immagini del faccione di Fraser).
Il film di Berger entra anche nella cinquina del Miglior Film Straniero, insieme a “Argentina, 1985” di Santiago Mitre, “Close” di Lucas Dhont, “Eo” di Jerzy Skolimowski e “The Quiet Girl” di Claire Keegan.
Tra i non protagonisti, candidature anche per Brian Tyree Henry in “Causeaway” di Lila Neugebauer (su AppleTV) e per Angela Basset in “Wakanda Forever” (avete avuto una vita per valorizzarla, ci arrivate a 60 anni per un film Marvel del quale ricordo solamente i suoi zigomi, vabbè) e per Hong Chau in “The Whale”.
Tre candidature minori per “Babylon”, il provocatorio e eccessivo racconto del cinema di Damien Chazelle, che sta ancora girando in sala e nella mia testa da quando l’ho visto: è imperfetto e si squaglia in mille rivoli, ma non riesco a dimenticare Margot Robbie che balla scalcia e grida, Brad Pitt che si volta lentamente a guardarla, il piano sequenza dell’orgia, il tunnel in discesa negli inferi di Los Angeles, i set nel deserto, lo sfinimento delle scene con il sonoro. E non smettono. È un funerale, certo, e neanche di classe. È un funerale di merda e vomito e sangue e ghigni disperati che esplodono sullo schermo. La Robbie, un’attrice così luminosa che riesce a far sentire più pulito anche chi la sta intervistando, si sta facendo una carriera a colpi di personaggi volgari perché sono feriti e feriti perché sono volgari e la sua rivisitazione di Clara Bow è favolosa.
Tra i film d’animazione il favorito è “Pinocchio” di Guillermo Del Toro ma francamente non vedo l’ora di vedere “Marcel the Shell”. E infine, noi che non siamo del mestiere abbiamo scoperto in questa occasione che l’hair stylist di “Elvis” è italiano, si chiama Aldo Signoretti, ma conoscevamo quella meraviglia che è “Le Pupille” di Alice Rohrwacher, candidata nella categoria Miglior Cortometraggio Live Action, che è disponibile su Disney+.
Ci vediamo a marzo.
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