Springsteen e le polemiche, il silenzio e la riscoperta delle canzoni
Sono reduce anch’io da un bellissimo concerto rock, quello di Bruce Springsteen al Circo Massimo di Roma. Ma non è di questo che voglio scrivere. Prima di tutto, perché su Libertà il collega Paolo Gentilotti ha recensito mirabilmente il concerto del Boss a Ferrara, poi perché proprio oggi ho letto la recensione perfetta del concerto romano, sul Manifesto, a firma dell’ottimo Matteo Bartocci. Sono talmente d’accordo con lui che non cambierei una sola virgola.
Ma il punto è un altro. Bruce Springsteen, per quel che mi riguarda, non ha nulla da dimostrare né dal punto di vista musicale né da quello dell’impegno sociale. Per quanto ne so, potrebbe sfornare una canzone sul fango che ha travolto la Romagna e pubblicarla tra un anno o due. Per quanto ne so, potrebbe donare una cifra sostanziale e annunciarlo tra qualche ora, oppure farlo in privato, oppure non farlo. Io la penso così. Sarà che, in questo mestiere, mi capita di frequente di vedere persone che, mentre fanno donazioni (anche irrisorie), chiedono la foto sorridente sul giornale. A me sembra più una “scalata sociale” che un gesto generoso, ma tant’è… magari poi i soldi arrivano e allora tutto bene. Sinceramente, mi mancano ancora un bel po’ di anni, prima di raggiungere l’età del Boss, ma anch’io, nel mio piccolo, con gli anni ho imparato ad allontanarmi dalle aspettative altrui. Il silenzio può essere uno strumento molto prezioso, specialmente per chi si concede il lusso di riflettere a mente fredda. Credo si chiami maturità – o roba del genere.
Non ho lezioni da dare, sia chiaro. Semplicemente, mi piaceva l’idea di condividere questa riflessione ora. Dopo che i social ci hanno un po’ tutti incattiviti, forse perché ci annoiamo o proviamo qualcosa che non va dentro di noi. Altrimenti, scusate, non si spiega come tanta gente dichiari di non sopportare Springsteen, ma in verità ne sia talmente ossessionata da postare pensieri a lui rivolti ogni due minuti, da giorni. A me non piacciono le lumache in umido, pertanto non perdo le giornate a cucinarle e poi a gettarle platealmente nella differenziata (quella organica, mi raccomando…).
Viene solo da pensare che – dopo una pandemia, in preda a una guerra, tra terremoti e alluvioni – sia meglio tornare ad ascoltare le canzoni che abbiamo amato, qualunque esse siano, e lasciare che accompagnino il battito dei nostri cuori. Magari spegnendo il cellulare.
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