This is the end (so far): Stranger Things 4
Siamo arrivati alla fine: con le ultime due puntate (del resto della stagione avevamo parlato qui) salutiamo Stranger Things fino al 2024. Non era facile mantenere quella tensione e infatti il Volume 2 non aggiunge molto a quanto già ottimamente raccontato nei primi 7 episodi (il passato di Vecna, la rivelazione di One, le morti brutali degli adolescenti, Murray e Joyce in missione in Unione Sovietica) della migliore stagione di questa saga capace di ripiombarci in un vecchio immaginario e contemporaneamente di rinnovarlo.
A Hawkins, i ragazzi svegli, ovvero Dustin e Nancy, accompagnati da Sporty (Steve), Clumsy (Robin) e Noisy (Eddie) hanno un piano per sconfiggere Vecna-Henry-One (nemmeno loro sanno come chiamarlo) mentre è in trance, “come Dracula nella bara”. Sanno (glielo ha raccontato lui, il genio) che Vecna ha bisogno di quattro porte per aprire il Sottosopra e sventrare la città e che a ogni omicidio si apre una porta. Sono tre per ora i morti (Chrissy, Fred, Patrick) e Max si offre come esca, convinta di essere in grado di sfuggire a Vecna una seconda volta. In Unione Sovietica, Hooper e Joyce si ritrovano, mentre Mike, Will, Argyle e Jonathan cercano di localizzare Eleven. Distanze geografiche incolmabili, ma tra la mente-alveare e i poteri telepatici di Eleven tutti contribuiscono allo scontro finale contro Vecna.
Anche queste due (lunghissime) puntate sono zeppe di scene iconiche: il concerto metal di Eddie per attirare i mostruosi pipistrelli (e riesumare un’altra grande hit degli anni’80 come “Master of Puppets” dei Metallica), Hopper che decapita un demogorgon con una specie di Excalibur (che pare venga da Conan), l’ingresso didi Eleven nella mente di Max nel nero liquido di Jonathan Glazer, il marcescente scenario del ballo della neve, Nancy Wheeler con il fucile.
E per tenere in equilibrio questa tipica narrazione kinghiana di una banda di sfigati tenuti insieme dall’amicizia che cercano di sconfiggere un mostro (ci sono pure i bulli che interferiscono con il piano) ci sono i sentimenti (se stai per morire tanto vale dirsi tutto), l’orgoglio ritrovato, e il nonsense di Steve che inquadra le caratteristiche di una persona dai film che noleggia o le intuizioni di Argyle che gira per il deserto credendo che Nina sia una donna molto piccola.
E quindi grazie ancora, Duffer Brothers, è stato triste, cupo e divertente, come questa playlist dell’estate
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