Uno! La semplice idea che ha venduto 51 milioni di copie

Casa e lavoro. Per sessant’anni questa è stata la semplice vita di Merle Robbins, un barbiere di Reading, una cittadina nella periferia di Cincinnati nello stato americano dell’Ohio. Il giorno lo passava a chiacchierare con i clienti che andavano da lui per farsi fare la barba, mentre le serate si trascorrevano in famiglia, magari a sfidarsi a qualche gioco di società. Quello preferito dalla famiglia Robbins era Crazy Eight (conosciuto in Italia come Otto americano) in cui, usando un classico mazzo francese, i partecipanti devono, nel loro turno, scartare una carta dalla mano facendo attenzione che abbia lo stesso seme o lo stesso valore di quella attiva sul tavolo, oppure usare un otto come jolly per decidere un nuovo seme. Se non è possibile effettuare nessuna di queste azioni si è costretti a pescare una nuova carta. Esistono però anche delle regole più avanzate di Crazy Eight in cui la regina fa saltare il turno al giocatore successivo, il 2 fa pescare carte extra e l’asso inverte il senso del gioco. Ovviamente i Robbins usano questo regolamento esteso per aggiungere un po’ di pepe alle loro partite, ma ricordarsi le peculiarità di ogni carta non è semplice e spesso le serate finiscono in accese discussioni con il figlio Ray, di professione insegnante.

Merle decide così di scarabocchiare parole e simboli sulle carte abbinate ad azioni speciali così da ricordare a tutti le loro peculiarità. Un’idea semplice e geniale che non solo riportò la pace in famiglia, ma rese il gioco più facile da insegnare ai più giovani.

Possibile che da quel semplice spunto potesse nascere qualcosa di più grande? Merle ne era così convinto che nel 1971 decise di ipotecare la casa per raccogliere gli 8.000 dollari necessari a stampare 5.000 copie di quella sua versione del gioco. Mancava solo un titolo accattivante e l’ispirazione arrivò dal regolamento stesso: quando a un giocatore restava solo una carta doveva annunciarlo; perché non farlo facendogli gridare “uno”? Ecco il nome perfetto: Uno.

All’inizio Merle vendeva il gioco presso la sua bottega di barbiere, mentre il figlio Ray lo distribuiva ai suoi studenti, ma presto fu chiaro che per fare un salto di qualità era necessario andare oltre i confini della città di Reading. Dopo sessant’anni di vita tranquilla era giunto il momento di osare, così lui e la moglie Marie investirono parte del denaro ottenuto dalla banca nell’acquisto di una roulotte e, dopo averci attaccato un’insegna con su scritto “Uno-Best Game in America”, partirono per un viaggio attraverso Texas e Florida. Ogni campeggio in cui fecero sosta si trasformò in un palcoscenico per presentare il gioco e così, tappa dopo tappa, le copie della prima tiratura furono tutte vendute.

Euforici per il successo, la coppia tornò in Ohio e azzardarono una nuova stampa di 10.000 mazzi che Merle e il figlio piazzarono prima in piccoli punti vendita, poi in negozi più grandi e, infine, in attività commerciali sparse per l’America. Come spesso accade in queste iniziative commerciali di carattere familiare, si arrivò presto al punto che l’entusiasmo della famiglia Robbins non era più sufficiente a permettere un vero salto di qualità del progetto, così nel 1972 Merle decise di cedere i diritti di Uno, per 50.000 dollari più 10 centesimi a copia venduta, a Robert Tezak, il proprietario di un’impresa di pompe funebri e grande appassionato del gioco.

Tezak mise su un piccolo team di amici e formò una società chiamata International Games Incorporated (IGI) con lo scopo di diffondere Uno in tutto il mondo. Anche in questo caso l’avventura cominciò in piccolo; fu infatti nelle stanze della casa di famiglia che Robert coordinò le vendite delle ultime copie prodotte da Merle per poi procedere al redesign grafico che porterà alla scatola rossa che ancora oggi caratterizza il gioco. Pochi mesi dopo la sua fondazione, la IGI poteva già permettersi una sede e la quantità di copie vendute continuò a crescere anno dopo anno. Un tale successo attirò l’attenzione di tutti i più importanti editori di giochi, ma malgrado numerose offerte di acquisizione del marchio, Tezak resistette fino al 1996, quando alla fine decise di cedere il marchio alla Mattel.

Oggi Uno non è più quel semplice gioco di carte creato da un barbiere dell’Ohio, ma un vero e proprio franchise capace di generare un’intera linea di prodotti; esistono infatti versioni con regole alternative come Uno Extreme, Uno no Mercy, Uno Triple Play, inoltre sono stati prodotti mazzi dedicati a praticamente ogni fenomeno di cultura pop da Harry Potter al recente film di Barbie.

Passano gli anni, cambiano le generazioni, si diffondono nuove tecnologie, ma Uno rimane una costante del divertimento “senza corrente” da oltre 50 anni e la sua popolarità non sembra destinata a scemare. Ma qual è il segreto del successo di Uno che lo ha portato nel 2017 a venir definito ufficialmente il gioco di carte più venduto al mondo? La risposta è la sua meccanica semplice che permette ai più piccoli di competere con i genitori senza sentirsi in difficoltà, ma che allo stesso tempo genera situazioni divertenti in grado di intrattenere anche i giocatori più adulti. In altre parole, quelle stesse caratteristiche che spinsero nel 1971 un barbiere a scarabocchiare un mazzo di carte per evitare discussioni in famiglia.

di Carlo Chericoni

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