Yoko Ono ha compiuto 90 anni. Ed io l’ho sempre amata
Yoko Ono sabato scorso ha compiuto 90 anni. Ho sempre amato questa donna forte, dai modi apparentemente freddi che, in realtà, durante le sue performance gridava dal palco per sensibilizzare, alla sua maniera artistica tutta underground, sul tema della Pace, il grosso nodo che la legava indissolubilmente a John Lennon e che ancora contraddistingue ogni suo messaggio social.
Ho sempre amato Yoko Ono perché, avendo l’ambizione di potermi definire una che Lennon lo ha sentito oltre che ascoltato, ho dato subito per scontato che fosse portatrice di un cervello interessante, per non dire magnifico, misterioso ai più ma non all’uomo che l’ha amata, scegliendola fra miliardi di miliardi di donne.
Ho sempre amato Yoko Ono perché, pur non potendola definire squisitamente musicista, ho trovato molti suoi album interessanti e spesso belli.
Ho sempre amato Yoko Ono perché quegli occhiali insanguinati sulla copertina dell’album “Season of Glass” per me erano come la foto che Nick Ut scattò in Vietnam a Kim Phú, la bambina che corre nuda gridando e piangendo: in un solo istante racconta tutta la violenza, la follia e la stupidità del genere umano.
Ho sempre amato Yoko Ono perché l’ho sempre trovata inconsuetamente bella e fuori dai canoni e non l’ho mai considerata vipera o soggiogante, ma al contrario materna, sexy e indipendente, cose che uno come Lennon sicuramente riscontrava in lei.
Ho sempre amato Yoko Ono perché quando il marito doveva prendere meglio le misure del rapporto con lei, a un certo punto lo ha salutato, per poi riprenderserlo al momento giusto, come se niente fosse.
Ho sempre amato Yoko Ono perché è stata una brava mamma: appena ha potuto, la figlia Kyoko, che il precedente marito aveva allontanato da lei, ha ripreso i rapporti con l’adorata madre che non aveva mai smesso di cercarla e perché crescere Sean come è riuscita a fare, dopo l’omicidio del marito e nel marasma generale, è una medaglia al valore.
Ho sempre amato Yoko Ono perché è andata avanti con la sua vita, facendo tra l’altro del bene: non c’è luogo che sia un museo, un parco, un centro sociale, un orfanotrofio a New York che non abbia ricevuto da lei somme di denaro molto considerevoli e se leggete la lista dei benefattori, troverete il suo nome ovunque – altri milionari non sono presenti.
Ho sempre amato Yoko Ono perché i Beatles, che in “Let it be” erano ancora magnifici, erano già orientati verso strade separate e l’abbraccio che negli anni successivi lei ha recuperato con George, Ringo e Paul è la chiarezza definitiva.
Infine, ho sempre amato Yoko Ono per il fatto che tutti la odiavano senza che lei gli avesse rubato il fidanzato, distrutto l’automobile, fregato il bancomat o ucciso il gatto… e di solito, quando tutti detestano qualcuno senza ragione, a me quello sta subito simpatico.
Infine, ho sempre amato – ed amo – Yoko Ono perché oggi, dalla sua sedia a rotelle, continua ad accarezzare con gli occhi il Central Park con tutti i suoi ricordi, che sono diventati anche i nostri. Che Dio la benedica, sempre.
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