Silicon Box: cosa fa l’azienda che ha investito 3.2 miliardi in Italia
L’azienda di Singapore sviluppa una tecnologia innovativa che rappresenta la frontiera per la produzione di semiconduttori
I chip elettronici sono indispensabili per far funzionare le nostre vite potremmo dire. Dagli smartphone, alle auto, passando per i pagamenti elettronici e tutti i servizi basati sul web. Il mondo tech richiede chip sempre più potenti e complessi per sviluppare tecnologie sempre più avanzate, intelligenza artificiale in testa. Ed è proprio questo trend che cercherà di sfruttare Silicon Box, anche nel nuovo impianto di produzione che sorgerà in Italia.
C’era una volta il chip. I microchip sono nati ufficialmente negli anni ‘70, con un grosso contributo italiano tra l’altro grazie al fisico Federico Faggin che lavorava per Intel all’epoca, oggi una delle principali aziende del settore. Da allora si sono fatti passi da gigante ovviamente, ma sempre sfruttando la tecnica della miniaturizzazione. I componenti elettronici venivano rimpiccioliti sempre più, in modo da poter creare all’interno dello stesso chip strutture più complesse e potenti. Ma non si poteva continuare così per sempre. Immaginate di avere un foglio di carta A4. Partite disegnando la piantina della vostra casa. Facile. Poi ne prendete un secondo e disegnate la piantina dell’intero quartiere. Rimpicciolendo un po’ i dettagli si può fare. Poi ne prendete un terzo e provate a disegnarci sopra l’intera città. Lo spazio non può bastare, né esiste una matita con punta abbastanza fine per disegnare ogni dettaglio. Questo è proprio quello che sta succedendo nell’industria dei semiconduttori.
Poi arrivò il chiplet. Qual è la soluzione quindi? Semplicissimo: si prende un secondo foglio. Questo è esattamente quello che vuole fare Silicon Box. Spezzettare i chip in vari moduli, che comunicano tra loro, in modo tale da poter scalare all’infinito le loro potenzialità. Può sembrare semplice, ma non lo è. Tutti i microscopici componenti devono essere interconnessi, “saltando” da un modulo all’altro. Questa tecnologia è chiamata “chiplet” e indica proprio la possibilità di diversi chip per ottenere un dispositivo molto più potente. I chiplet probabilmente rappresenteranno nei prossimi anni il trend dominante nel settore dei semiconduttori. I migliori processori per PC, le migliori GPU per i videogiochi o i potenti acceleratori per l’IA saranno probabilmente basati su questa tecnologia. E, grazie a questo investimento, l’Italia potrebbe giocare un ruolo importante.
di Alberto Bacchin
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