Giuliano Gemma attore d’altri tempi, dal western all’italiana ai maestri del cinema
Anna Anselmi
18 marzo 2025|23 giorni fa

Un attore “di grande prestanza fisica, di grande presenza, di grande simpatia e nella vita anche un grande galantuomo”. Un interprete capace di scrivere pagine memorabili, ma senza divismi. Un interprete “popolare, che non annovera, a parte una notevole eccezione, film d’impegno, se ha senso oggi fare una distinzione tra cinema d’autore e cinema di genere”. L’eccezione, segnalata dal critico Massimo Moscati, arriva nel 1977, a quasi due decenni dall’esordio avvenuto nel 1958, se si considera un ruolo minore in “Venezia, la luna e tu” di Dino Risi. Per il debutto vero e proprio, da protagonista, dovrà però aspettare il 1962, con “Arrivano i titani” di Duccio Tessari
Giuliano Gemma, nato a Roma nel 1938, aveva allora ventiquattro anni. Il primo ottobre 2013 a Civitavecchia la tragica, prematura scomparsa in seguito a un incidente stradale mette la parola fine a un’esistenza ricca di incontri, carica di umanità, dove tra un film e l’altro era la scultura, praticata fin dalla giovinezza ( «La mia era una famiglia di artigiani e io avevo ereditato dai miei la capacità manuale, di lavorare il legno, il metallo e la creta», aveva spiegato Gemma in un’intervista) a riempire di senso le sue giornate. Centinaia le persone accorse per porgergli l’estremo saluto nella sua Roma, nella chiesa di Santa Maria di Los Milagros in piazza del Popolo.
A restituire il ritratto di uno degli attori più amati della scena cinematografica italiana è l’ultimo libro di Moscati, “Giuliano Gemma. Angel Face” (Edizioni Falsopiano), corredato dalla filmografia completa. Un volume che si ricollega in parte con il precedente saggio del giornalista milanese, “La piovra. Guida alla serie televisiva che ha conquistato il mondo” (Shatter), dove viene riservata un’ampia parentesi a film italiani in cui è stato affrontato l’argomento della mafia. Rispetto ad altre monografie, alla base di quella sull’attore romano ci sono anche motivazioni decisamente personali.
«Ho avuto nei confronti di Giuliano Gemma una grande ammirazione, perché è stato il mio eroe da bambino. Nel libro mi sono divertito a scrivere una prefazione in cui rievoco quando, ragazzino, andavo al cinema Adriano. Avrà avuto milletrecento, millecinquecento posti», premette Moscati, che passando in auto nella zona di via Gulli alla fine del 2019 ha avuto occasione di intravedere l’edificio dell’Adriano in fase di demolizione.
Giuliano Gemma, nato a Roma nel 1938, aveva allora ventiquattro anni. Il primo ottobre 2013 a Civitavecchia la tragica, prematura scomparsa in seguito a un incidente stradale mette la parola fine a un’esistenza ricca di incontri, carica di umanità, dove tra un film e l’altro era la scultura, praticata fin dalla giovinezza ( «La mia era una famiglia di artigiani e io avevo ereditato dai miei la capacità manuale, di lavorare il legno, il metallo e la creta», aveva spiegato Gemma in un’intervista) a riempire di senso le sue giornate. Centinaia le persone accorse per porgergli l’estremo saluto nella sua Roma, nella chiesa di Santa Maria di Los Milagros in piazza del Popolo.
A restituire il ritratto di uno degli attori più amati della scena cinematografica italiana è l’ultimo libro di Moscati, “Giuliano Gemma. Angel Face” (Edizioni Falsopiano), corredato dalla filmografia completa. Un volume che si ricollega in parte con il precedente saggio del giornalista milanese, “La piovra. Guida alla serie televisiva che ha conquistato il mondo” (Shatter), dove viene riservata un’ampia parentesi a film italiani in cui è stato affrontato l’argomento della mafia. Rispetto ad altre monografie, alla base di quella sull’attore romano ci sono anche motivazioni decisamente personali.
«Ho avuto nei confronti di Giuliano Gemma una grande ammirazione, perché è stato il mio eroe da bambino. Nel libro mi sono divertito a scrivere una prefazione in cui rievoco quando, ragazzino, andavo al cinema Adriano. Avrà avuto milletrecento, millecinquecento posti», premette Moscati, che passando in auto nella zona di via Gulli alla fine del 2019 ha avuto occasione di intravedere l’edificio dell’Adriano in fase di demolizione.
L’attore Giuliano Gemma in uno dei suoi numerosi ruoli western
In ogni caso, il libro su “La piovra” dà spazio a Gemma al di là del contributo ai western italiani.
«In effetti conosciamo Gemma come Ringo, quindi come eroe del western italiano, anche se tutto sommato ha partecipato a meno di venti western, rispetto alle decine e decine di film che ha interpretato. Si incrocia con “La piovra” perché diventa il secondo attore feticcio di Damiano Damiani (il regista della prima stagione della serie tv, del 1984, ndr) dopo Franco Nero, associato alla prima stagione dei film sulla mafia. Gemma subentra a Franco Nero diventando il protagonista di una serie di film che Damiani dirigerà successivamente. Curiosamente, sempre restando nell’ambito della “Piovra” Gemma si incrocia anche con Michele Placido, prima ancora che quest’ultimo vestisse la divisa del commissario Cattani nella “Piovra”. C’è dunque una commistione. Poi Giuliano Gemma incontra Pasquale Squitieri con il quale da un lato è il commissario Mori nel “Prefetto di ferro”, dall’altro, incrociando ancora una volta Michele Placido, realizza una sorta di “Padrino” italiano con “Corleone”, un bellissimo film, dove c’è pure Remo Girone (Tano Cariddi, il “cattivo” per eccellenza della “Piovra”, ndr). Ci sono corsi e ricorsi della storia che si intrecciano in queste vicende».
«In effetti conosciamo Gemma come Ringo, quindi come eroe del western italiano, anche se tutto sommato ha partecipato a meno di venti western, rispetto alle decine e decine di film che ha interpretato. Si incrocia con “La piovra” perché diventa il secondo attore feticcio di Damiano Damiani (il regista della prima stagione della serie tv, del 1984, ndr) dopo Franco Nero, associato alla prima stagione dei film sulla mafia. Gemma subentra a Franco Nero diventando il protagonista di una serie di film che Damiani dirigerà successivamente. Curiosamente, sempre restando nell’ambito della “Piovra” Gemma si incrocia anche con Michele Placido, prima ancora che quest’ultimo vestisse la divisa del commissario Cattani nella “Piovra”. C’è dunque una commistione. Poi Giuliano Gemma incontra Pasquale Squitieri con il quale da un lato è il commissario Mori nel “Prefetto di ferro”, dall’altro, incrociando ancora una volta Michele Placido, realizza una sorta di “Padrino” italiano con “Corleone”, un bellissimo film, dove c’è pure Remo Girone (Tano Cariddi, il “cattivo” per eccellenza della “Piovra”, ndr). Ci sono corsi e ricorsi della storia che si intrecciano in queste vicende».
Franco Nero e Giuliano Gemma sono i primi attori italiani che si affermano come star del western mondiale, non più solo del western italiano.
«Il primo ad affermarsi in assoluto è Giuliano Gemma, poi Franco Nero partendo da “Django”. Andrebbe probabilmente aggiunto anche Fabio Testi. Una curiosità: Giuliano Gemma e Franco Nero non reciteranno mai insieme, eccetto per un film, “Deserto di fuoco”, dove peraltro non condivideranno il set».
«Il primo ad affermarsi in assoluto è Giuliano Gemma, poi Franco Nero partendo da “Django”. Andrebbe probabilmente aggiunto anche Fabio Testi. Una curiosità: Giuliano Gemma e Franco Nero non reciteranno mai insieme, eccetto per un film, “Deserto di fuoco”, dove peraltro non condivideranno il set».
Gemma ha lavorato moltissimo, tra alti e bassi. Quali i film migliori?
«In assoluto la palma d’oro va a Gemma per “Il deserto dei Tartari” di Valerio Zurlini, dove spicca la sua caratterizzazione del capitano, figura di contorno all’interno di un film corale, con un cast notevole. Gemma non era mai stato considerato un grande attore, ma popolare, simpatico, un grande professionista. Con “Il deserto dei tartari” dimostra, se ce n’era bisogno, anche la sua capacità autoriale. Il suo talento viene valorizzato inoltre da Squitieri che riesce a tirare fuori il meglio da Gemma nei film “Il prefetto di ferro” prima e “Corleone” poi».
di Anna Anselmi