"In the mood for love", una pozione magica per innamorarsi del grande cinema

Barbara Belzini
11 febbraio 2025|58 giorni fa
"In the mood for love", una pozione magica per innamorarsi del grande cinema
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Dopo la retrospettiva “Una questione di stile” proposta lo scorso anno torna in sala, in occasione del 25esimo anniversario della sua uscita, “In the mood for love”, il titolo più famoso di Wong Kar-wai, che compare in tutte le classifiche delle opere cinematografiche più importanti del XXI secolo.

Il film, distribuito da Lucky Red in collaborazione con Tucker Film, tornerà sul grande schermo in 4K, nella versione restaurata dall’Immagine Ritrovata di Cineteca di Bologna e dalla Criterion Collection del 2021. Interpretato da Tony Leung (vincitore del premio per il Miglior Attore al Festival di Cannes del 2000) e da Maggie Cheung, il film mette in scena con una raffinatezza ineguagliata la storia d’amore struggente tra Chow Mo-wan e Su Li-zhen che nasce dalla scoperta del tradimento dei rispettivi coniugi: una relazione fatta di sguardi, attese, atmosfere, sliding doors, parole non dette o affidate a luoghi carichi di significato simbolico. Dignità, onore, orgoglio si scontrano con il desiderio, e con un’idea complessa del tempo che va ben oltre la semplice tempestività.

Un film cerniera del secolo, uscito nel 2000, ambientato nel 1962 ma immerso in un eterno presente, “In the mood for love” è una pietra di paragone inarrivabile che mentre dipana la perfetta storia d’amore platonica avvolge il dolore dell’assenza, fisica e sentimentale, dell’altro.

Un film dalla struttura e dalla confezione “classica” (subito smentita dal successivo “2046”) e un titolo di una grande valenza storica, che documenta dei passaggi fondamentali, testimonianze dell’infanzia del regista: la migrazione dei cinesi verso Hong Kong, il conseguente sovraffollamento degli appartamenti, e il flusso di memorabilia che portano con sé, insieme alla nascita della prima generazione realmente hongkonghese, tutto concentrato nel microcosmo di una manciata di vite, in interni soffocanti che pulsano di passione repressa.

Fin dalle prime inquadrature Chow e Su si muovono schiacciati da corridoi stretti, scale anguste, porte di ingresso vicinissime che conducono in stanze affittate nelle case degli altri.

Il loro continuo sfiorarsi è inevitabile, i loro movimenti, sottolineati dal ralenti, diventano una danza sinuosa enfatizzata dalla colonna sonora che mescola musiche e canzoni d’oltreoceano, valzer e ritmi sudamericani, Nat King Cole nel suo repertorio spagnolo e opere cantonesi. Guardati a vista dai vicini, Chow e Su sono due prigionieri, spiati da inquadrature invadenti, e vivono una vita di segreti che trova il modo per respirare solo in momenti fatti di piccoli piaceri innocui, di cibo, di scrittura, nella messa in scena della relazione dei loro compagni, che recitano e ripetono e che non viene mai come dovrebbe venire.

“Noi non diventeremo mai come loro”, dice Su, “Io non sono come te” dice Chow al suo amico frequentatore di bordelli. E rimangono lontani, separati solo da una parete, dalle convenzioni sociali, da quello che li rende diversi dal marito di lei e dalla moglie di lui, dai momenti giusti che non si trovano mai (”Lui non aveva il coraggio di avvicinarsi e lei allora si voltò e andò via”, dice la voce della narratrice all’inizio del film).

Fasciata nei suoi abiti elegantissimi (troppo eleganti, dicono le comari) che la proteggono come una corazza, tutti con lo stesso taglio, tutti con il colletto alto e rigido, con i capelli sempre acconciati, mai liberi, Su entra e esce dalla sua stanza, schiacciata nella sua piccola postazione in ufficio, inquadrata di taglio, di profilo, attraverso la soglia, una mano, i piedi, una donna fatta a pezzi che coltiva la sua solitudine triste, la sua cena comprata al mercato, che si permette pochissimo: la finta relazione con il suo vicino è tutto quello che ha, e anche a quella decide di rinunciare.

Il tempo è un altro elemento fondamentale nel film, scandito dai tanti vestiti di Siu, dagli orologi, dal fumo delle sigarette di Chow, dalle continue telefonate che i personaggi fanno per confermare o rimandare appuntamenti ai quali forse non si presenteranno. Nel loro piccolo teatro, l’amore non solo non viene mai consumato, ma non viene quasi mai pronunciato, sono i testi delle canzoni a sostituire le parole che non si diranno mai: Y asi pasan los dias, y yo desesperado y tu, tu contestando, Quizas, Quizas, Quizas, dice la canzone. Le parole che non sentiamo e che alla fine Chow confiderà al buco nell’albero, in un pellegrinaggio finale alle rovine di Angkor Wat che è il funerale del loro amore.

“In the mood for love” sarà proiettato al Jolly2 di San Nicolò martedì 18 febbraio in versione originale con sottotitoli in italiano e mercoledì 19 in quella doppiata.
di Barbara Belzini