venerdì 11 aprile

agg. 01:34

Liberta - Site logo
Liberta - Site logo

Montagnani che spasso, «mi faceva la voce di Romeo come negli Aristogatti»

Simona Segalini
Simona Segalini
18 febbraio 2025|51 giorni fa
Montagnani che spasso, «mi faceva la voce di Romeo come negli Aristogatti»
2 MIN DI LETTURA
“Salve, tortorelle!”, disse Romeo. E Guendalina (ridacchiando): “Noi non siamo tortore, siamo oche!”. E Romeo, sempre più galante: «No!? V’avevo preso pe’ cigni!”.
Gli Aristogatti, con quel delizioso scambio di battute fra il micione del Colosseo e le due oche gemelle, fu il primo film a cartoni animati che vidi al cinema, a Piacenza (al Plaza?).
E si sa, da bambini, stare seduti nel buio di una sala cinematografica per la prima volta ha il sapore di un’autentica magia. Impossibile dimenticare, neppure oggi. Poi accadde qualcosa, un po’ di tempo dopo, che con gli Aristogatti aveva qualcosa da spartire.
Accadde che il cinema si trasferisse proprio a casa mia, a Rivergaro. A casa mia nel pieno senso della parola, perché la troupe quasi al completo del film “Peccati in famiglia” di Gaburro stazionò per parecchio tempo all’Albergo Roma del paese, a quel tempo gestito da mio padre Germano e da mia madre Pina.
L’incarico che mio padre ricevette era stato quello di sfamare attori e tecnici a pranzo. Qualcuno aveva anche la stanza. Non eravamo a Cinecittà, non c’erano i cestini. Gli attori e le attrici, con regista, tecnici audio, luci, direttore della fotografia, si sarebbero seduti ai tavoli del Roma di Germano ad ogni ultimo ciak della mattinata.
Uno scorcio della piazza di Rivergaro nei titoli di testa
Spesso erano le 2 o le 3 del pomeriggio quando si metteva in tavola il primo piatto di tortelli. C’era un giovane Michele Placido che su quel set avrebbe conosciuto Simonetta Stefanelli dove scoppiò l’amore. C’era – ma non si sedeva quasi mai a tavola, riservatissima – Juliette Mayniel. Austera, silenziosa, la vedevo passare senza scambiare mai una parola con nessuno. Dicevano: è la moglie (la ex moglie) di Gassmann, e tutti abbassavano gli occhi. Io, di quella stagione che mi pare avesse preso il via che era d’autunno (ma non sarei pronta a giurarlo, di sicuro il primo ciak fu battuto che era un lunedì, in piazza: l’arrivo di due attori in auto con sgommata finale) mi ricordo benissimo solo di lui.
I ricordi d’infanzia spesso peccano di parzialità. E quel signore distinto, dalla voce profonda, è restato nel mio cuore. Non si sedeva mai a pranzo con gli altri della troupe, perché, diceva, doveva stare a dieta e mangiava soltanto la sera. Così il tempo del pranzo dei colleghi lo trascorreva gironzolando per il locale dei miei, fumando sigarette, facendo la spola tra il bar a pianterreno e i tavolini di fuori. Fu lui, credo di ricordare, a rivolgermi per primo la parola. Io avrò avuto sì e no 9 anni, ero curiosa ma non ancora sfrontata come in seguito. E gli Aristogatti non me li ero ancora dimenticati. Lui, uno zio simpatico dai tratti signorili, ebbe lamia attenzione, all’improvviso.
In un bar vuoto, dove c’eravamo soltanto lui e io, cominciò a recitare pezzi di copione degli Aristogatti. Era come se Romeo, er mejo del Colosseo, fosse stato catapultato direttamente in piazza a Rivergaro, a casa mia. L’uomo era un grande attore, ma a quell’età io non lo sapevo. Conoscevo però benissimo la sua voce. Era Renzo Montagnani, doppiatore di Romeo negli Aristogatti. I giorni che seguirono non furono mai più solitari, per me, almeno nella pausa pranzo. Avevo sempre una scusa per presentarmi davanti al bancone e strappare al quel signore robusto ma bellissimo qualche battuta del gatto Romeo a cui cercavo di ribattere imitando Duchessa o i micini. Sono passati 50 anni e ancora avevo voglia di scrivere questi ricordi. D’altra parte, è una delle pochissime storie della mia vita che non avevo ancora messo per iscritto.
di Simona Segalini