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"Picnic a Hanging Rock", mistero e fanciulle in fiore nel folgorante esordio di Weir

Barbara Belzini
30 gennaio 2025|69 giorni fa
"Picnic a Hanging Rock", mistero e fanciulle in fiore nel folgorante esordio di Weir
2 MIN DI LETTURA
Tratto da un romanzo del 1967 della scrittrice australiana Joan Lindsay e trasformato in pellicola dall’allora esordiente regista Peter Weir, “Picnic a Hanging Rock”, uscito nel 1975 e diventato in breve tempo il titolo manifesto della New Wave australiana, rimane ancora oggi un solido abbacinante mistero agli occhi degli spettatori, che avranno l’opportunità di rivederlo in sala, in occasione del suo cinquantesimo anniversario, nella versione restaurata in 4K dalla Cineteca di Bologna all’interno del progetto Il Cinema Ritrovato. La storia nasce da un sogno e rimane un sogno, sia sulla carta che sul grande schermo, e ruota intorno alla scomparsa, nel 1900, di tre studentesse adolescenti e della loro insegnante durante una gita alla peculiare formazione geologica, di origine vulcanica che per migliaia di anni è stata un sito sacro e un luogo di ritrovo per le tribù di aborigeni australiani. Come accaduto a tanti siti analoghi, nel tempo è stato trasformato in un’attrazione turistica attrezzata per i picnic. Nel film Hanging Rock è un luogo simbolico che assume diverse identità a seconda di chi lo guarda e lo sente, anche quando non si trova nelle immediate vicinanze: se la preside del collegio la identifica come un potenziale pericolo e la professoressa di matematica ne ricorda la lava nascosta nell’oscurità, per le ragazze rappresenta una possibilità di scoperta, una cavità profonda nella quale immergersi. È la natura inesplorata, uno spazio del male, un altare ricolmo di un potere invisibile e sconosciuto. Il film comincia svelandoci un gruppo di adolescenti, ragazze sull’orlo della vita che leggono poesie, si fanno i tarocchi, fanno essiccare i fiori, cantano, sognano, si pettinano e si amano timidamente. Sono eccitate per l’avventura, durante la quale potranno addirittura togliersi i guanti. Alcune di loro chiedono il permesso di allontanarsi per una passeggiata: Miranda “un angelo di Botticelli”, Irma, Marion e la più piccola e lamentosa Edith cominciano ad arrampicarsi negli spazi sempre più angusti tra le pietre. Lo spazio intorno a loro, che sembrava infinito, si riduce: con movimenti lenti e composti, quelli delle ragazze e quelli della macchina da presa, le inquadrature (che sono tutte dei quadri nei quali perdersi insieme alle protagoniste) schiacciano le ragazze dall’alto, mentre quelle dal basso ingigantiscono le rocce che cominciano quasi a mangiarle, lasciandoci intravedere il loro passaggio attraverso fessure, anfratti. Appaiono, e sono già sparite, attratte quasi da un incantesimo, ipnotizzate, guidate dal suono del flauto di Pan e mentre procedono, si tolgono le scarpe, le calze, i corsetti: la loro è un’ascesa mistica, spirituale, liberatoria. Tutto il film è una grande metafora della perdita dell’innocenza virginale (si svolge nel giorno di San Valentino) raccontata tra mito, folklore, storia (la roccia, la fauna e la flora come manifestazione delle minacce dell’entroterra australiano e un memento di come i colonialisti britannici abbiano brutalizzato e tentato di domare la natura per renderla inoffensiva) e favola, dal Pifferaio magico a Pollicino a Biancaneve, fino all’horror gotico del collegio e della sua preside, rappresentante degli invasori d’oltreoceano. A quest’opera seminale (tradotta qualche hanno fa anche in una miniserie) hanno guardato in tanti nel corso degli anni: la compressione di corpi femminili sul punto di sbocciare in uno spazio chiuso e soffocato dalle regole è lo spunto dal quale è partita Sofia Coppola per il suo esordio “Il giardino delle vergini suicide” (tratto da un romanzo di Jeffrey Eugenides) e ovviamente ancora ne “L’inganno”, altro film in costume del 2017, fino a “Suspiria” di Dario Argento del 1977 per arrivare a Damon Lindelof, autore di quel capolavoro seriale che è “The Leftovers”.
“Picnic a Hanging Rock” sarà proposto dal Jolly2 di San Nicolò martedì 4 febbraio alle 21 in versione originale con sottotitoli in italiano.
di Barbara Belzini