Rick Wakeman: "Il mio tour d'addio in Italia con i brani più celebri degli Yes"
Redazione Online
12 febbraio 2025|56 giorni fa

Era il 1975 quando Rick Wakeman pubblicò il suo primo album di musica per un film, “Lisztomania” del regista visionario Ken Russell. Da quel momento, venne il dubbio che il vero protagonista della pellicola, nonostante l’eco del successo di “Tommy”, non fosse Roger Daltrey bensì il tastierista e compositore progressive inglese. «Può essere – risponde lui quando gli esprimiamo il nostro dubbio -. Non ho mai voluto recitare. La musica, sin da piccolo, è stata la tela bianca sulla quale esprimermi».
Quel che è certo, è che su quella tela bianca Wakeman ha disegnato opere indimenticabili, oltre ad essere l’inventore del Mellotron. Basti pensare alle tappe fondamentali della sua carriera, ricchissima di collaborazioni con artisti di grande fama, da David Bowie (“Space Oddity” e “Hunky Dory”, scusate se è poco, «esperienze che porterò sempre nel cuore») ai Black Sabbath (“Sabbath Bloody Sabbath” del 1973, in cui la presenza di Wakeman fa la differenza), solo per citare due universi sonori molto distanti.
Impossibile, però, non partire dagli Yes, di cui è stato storico componente, così come degli Strawbs.
L’occasione per chiacchierare con Wakeman è fornita dal suo prossimo tour italiano: il 27 febbraio sarà a Thiene (Vicenza), il 28 a Legnano, il 1 marzo a Seriate (Bergamo), il 2 a Parma, il 3 a Forlì, il 4 a Roma. Info:www.musicalbox2-0promotion.it. Biglietti in vendita sul circuito Ticketone e Vivaticket.

Wakeman, negli ultimi mesi lei sta girando ovunque con “The Final One-Man Piano Show”. Perché l’ha chiamato così?
«Ho sempre programmato di smettere di fare tournée entro il mio 77esimo compleanno, ma ci sono sempre state tante cose da fare… Ora, però, terrò i miei ultimi concerti solisti e sarà un piacere suonare in Italia. Mi è piaciuto moltissimo esibirmi in tour negli ultimi mesi, ma è giunto il momento di concludere questa mia lunga e straordinaria avventura musicale. Salire in palcoscenico sarà il mio modo di dire grazie a tutti quelli che mi hanno sopportato negli ultimi 53 anni!».
Dall’anno scorso, lei sta presentando “Yessonata”, un lavoro strumentale di 30 minuti con temi e melodie degli Yes. Come mai ha pensato di inserire i successi della band in una forma Sonata?
«Ho presentato “Yessonata” nei concerti che ho tenuto a fine anno in America, proponendo ogni volta i Temi diversi di molti brani degli Yes, incrociandoli sulle tastiere. L’improvvisazione ha sempre fatto parte della mia musica, specialmente nei concerti: anche i grandi compositori classici partivano da un Tema musicale, che poi elaboravano. La risposta del pubblico è stata positiva, così ho deciso di registrarla e pubblicarla in un album».

Un album in cui troviamo anche “The King Arthur Piano Suite”, un’altra composizione d’ispirazione classica.
«Come sempre ma, in questo caso, elaborando i Temi di uno tra i miei album solisti più apprezzati (del 1975, ndr)».
Nel 2017, dopo rinascite e dipartite, è entrato con gli Yes nella Rock and Roll Hall of Fame e ha tenuto un discorso molto divertente…
«L’ironia fa parte del mio carattere e guai se così non fosse. Sono spesso stato considerato una persona seria, anche per la mia netta presa di posizione contro l’uso delle droghe. Gli artisti ironici vivono meglio perché sono meno egocentrati. E poi… che male c’è? In quell’occasione, raccontai la verità: a New York, proprio accanto a dove si teneva la cerimonia, mi ero davvero intrattenuto con una donna quando ero giovane. Certi ricordi tornano quando meno te l’aspetti, a una certa età, perché ti viene la prostata. Così, all’improvviso, ho lanciato due messaggi: “Anche le rockstar hanno la prostata!” e “Bisogna fare gli esami, così possono curarvi subito”».
E lei come sta oggi?
«Non sono mai stato meglio!».
di Eleonora Bagarotti