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“The Sims”, il franchise videoludico dove giochiamo a “fare dio” compie 25 anni

Fabrizia Malgieri
7 febbraio 2025|61 giorni fa
“The Sims”, il franchise videoludico dove giochiamo a “fare dio” compie 25 anni
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Come nella vita vera. Pochi videogiochi al mondo sono popolari e mainstream quanto “The Sims”. La serie videoludica – ideata da Will Wright e il suo studio Maxis, e poi pubblicata per la prima volta il 4 febbraio 2000 – rientra nella classifica dei 10 franchise più venduti di tutti i tempi su PC, con all’attivo 200 milioni di copie vendute e oltre 500 milioni di giocatori in tutto il mondo.
Il segreto del suo successo? Una formula semplice, ma di grande appeal: gli utenti, infatti, vengono invitati a creare un alter ego virtuale (detto Sim) a partire dalle sue caratteristiche somatiche e comportamentali. Una volta generata questa nuova vita digitale, il giocatore può costruirgli la casa, trovargli un impiego e, un po’ alla volta, iniziare a costruire una rete di relazioni sociali e amorose con gli altri abitanti del quartiere – fino a permettergli di formare una famiglia, e così via. In altre parole, l’utente controlla la vita del suo Sim nei minimi dettagli – e questo anche grazie alla scelta di un punto di vista isometrico, permettendo al giocatore di osservare dall’alto l’andamento della sua esistenza – oltre al fatto che ha il compito di soddisfare sia quelli che sono i suoi bisogni primari sia quelli, a lungo andare, risulteranno più complessi.
Già, perché nonostante sia un gioco molto semplice nella sua struttura e potenzialmente infinito, in realtà “The Sims” va ben oltre il banale concept di gioco digitale: la serie di Will Wright, infatti, trae ispirazione da una teoria psicologica formulata da Abraham Maslow, e nota come “Piramide di Maslow”. Il concetto teorico – espresso nell’opera “Teoria della motivazione umana” dello psicologo statunitense nel 1943 – sostiene che per ogni individuo bisogni e motivazioni hanno lo stesso significato e si strutturano in gradi, ordinati in una gerarchia fissata (che è a forma di piramide, appunto): il passaggio ad uno stadio superiore può avvenire solo dopo aver soddisfatto i bisogni di grado inferiore. Infatti, “The Sims” lavora esattamente su questo schema di soddisfazione di bisogni, partendo da quelli primari (fame, igiene, sonno, etc.), che caratterizzano le primissime fasi del gioco, fino ad arrivare a quelli di grado superiore (relazioni sociali, soddisfazione professionale, autostima, etc.), che vanno ad arricchire l’esperienza a lungo andare.
Ma come è nato il concept di “The Sims”? In realtà, il franchise prende vita a distanza di qualche anno da un incidente che vide coinvolto il suo stesso creatore: nel 1991, infatti, Will Wright perse la sua casa dopo un grave incendio – una situazione tragica che spinse lo sviluppatore non solo a riflettere sulla caducità della vita, ma anche sulla possibilità di rialzarsi e ricominciare – magari proprio partendo dalla (ri)costruzione della sua casa. I primi prototipi di “The Sims”, infatti, erano più simili ad un simulatore di architettura: lo stesso working- title, “Dollhouse – Casa delle Bambole” (poi bocciato dal reparto marketing di Electronic Arts, in quanto avrebbe potuto escludere il pubblico maschile di videogiocatori), richiama proprio l’idea di costruire la casa dei sogni, come quella delle bambole.
Ma costruire case e praticare interior design non è un’attività che, alla lunga, tiene i giocatori impegnati: così, Wright, insieme ai suoi colleghi di Maxis, inizia a introdurre anche alcuni personaggi giocabili (i Sim) che potessero interagire con le creazioni edilizie messe a punto nel gioco. Prototipo dopo prototipo, Maxis si rese conto che la parte più interessante dell’esperienza in-game era data proprio dalla presenza di questi alter ego virtuali e dalle loro interazioni all’interno delle case (e nei quartieri circostanti), al punto che decise di puntare tutto su un simulatore di vita; la proposta finale piacque così tanto ad Electronic Arts che decise di investirci. Mai scelta fu più illuminata, soprattutto visto che “The Sims” ha inaugurato un genere, quello dei “sim life”, di cui oggi si contano diversi competitor, ma che hanno sempre fatto molta fatica ad uguagliarne il primato.
Ad oggi, “The Sims” conta quattro iterazioni e oltre una trentina di espansioni e game pack, che hanno permesso ai giocatori di ampliare la loro esperienza di gioco con tantissime attività e nuovi oggetti di arredo. Tra i contenuti aggiuntivi più amati, ad esempio, c’è quello dedicato alla “Vita Universitaria”, dove i giocatori – una volta fatti crescere i membri più giovani della loro famiglia – possono sceglierli di mandarli al college, per poi indirizzarli verso una carriera professionale più strutturata; per gli amanti della “vita da bere”, c’è anche l’espansione “Vita Notturna” in cui gli utenti possono non solo andare per ristoranti e discoteche, ma anche scegliere di mettersi in proprio e aprire un’attività. La forza di “The Sims” risiede nel fatto che tutto è lasciato nelle mani del giocatore, il quale – attraverso l’editor messo a punto da Maxis, che ci permette di “giocare a fare dio” – può dare sfogo alla sua creatività in piena libertà. Non è un caso, infatti, che il franchise di Electronic Arts abbia un ampio seguito da parte di diverse community, a partire da quella LGBTQAI+: “The Sims”, infatti, è stato una delle prime esperienze di gioco digitale a permettere unioni tra avatar dello stesso sesso, oltre a proporre iniziative in-game che permettano ai membri di queste comunità di esprimere pienamente loro stessi. A proposito di inclusività, è interessante anche la scelta linguistica che Will Wright fece per i suoi Sim ai tempi del primo “The Sims”: il creatore, infatti, intuì che scegliere l’inglese come lingua ufficiale del gioco avrebbe ostacolato una sua diffusione capillare nel mondo. Così, preferì adottare una lingua inventata (il simlish), che in realtà altro non è che un miscuglio di lingue esistenti come l’ucraino, il francese, il latino, il finlandese, l’inglese e così via. Un’idea innovativa, che nel tempo è diventato anche un marchio di fabbrica distintivo della serie “The Sims”. Per quanto riguarda le curiosità legate alla serie, non tutti sanno che il primo oggetto mai creato in “The Sims” è stato un water, presente nel prototipo del 1993. Sono stati introdotti vari modi per interagire con il water, dall’uso alla pulizia.
A quanto dichiarato dagli stessi sviluppatori, era anche l’unico oggetto nel gioco originale che i diversi sessi utilizzavano in modo diverso: i Sims maschi tendevano a tenere la tavoletta sollevata, ad esempio! La valuta presente in “The Sims” (i Simoleon) in realtà si basano su una valuta realmente esistita: si chiama Simon, e si tratta di una valuta risalente all’inizio del XVIII secolo in Gran Bretagna, dove i sei penny venivano spesso chiamati Simon in modo gergale. I Simon, mescolati con le monete d’oro francesi chiamate Napoleon, hanno così dato vita ai Simoleon. C’è persino un trucco in “The Sims 4” per averli in enormi quantità: basta che l’utente digiti “rosebud” o “kaching” e guadagnerà 1.000 simoleon; digitando, invece, “motherlode”, si potranno ottenere 50.000 simoleon.
A proposito di “The Sims 4”, la versione base del gioco è disponibile gratuitamente online da un po’, e può essere scaricata sia dall’EA app ma anche da Steam ed Epic Games; invece, per quanto riguarda le espansioni, quelle sono a pagamento. Eppure, “The Sims 4” è già ricco nella versione standard da poter intrattenere i suoi giocatori per ore e ore – gli darete un’opportunità in vista del suo 25° anniversario?
di Fabrizia Malgieri