Il mostro di Firenze è in buona compagnia, gli spettatori premiano i serial killer più spietati
“Firenze. Ciak, si uccide”, Moscati indaga sull’ossessione per il true crime. Ghiotta intervista al regista Ferrario

Eleonora Bagarotti
|2 settimane fa

Il delitto agli Scopeti nel film "Il mostro di Firenze" (1986) di Ferrario
Indubbiamente, la decisione di Stefano Sollima di dirigere la miniserie “Il Mostro” ha ispirato la realizzazione del saggio “Firenze. Ciak, si uccide”. Ma l’autore, Massimo Moscati, si addentra - come promesso dal sottotitolo - in un Mostro più ampio, sul grande e sul piccolo schermo.
Il giornalista e critico cinematografico parte da una visione critica tra le tante opinioni che la miniserie di Sollima ha sollevato. «Non sono d’accordo sul fatto che uno spettacolo possa ispirare fatti violenti concreti, ma capisco il dibattito sul fascino che il male può esercitare su alcune psicologie labili. Se noi vogliamo uscire dal cinema e vedere come certi costumi oggi si siano modificati in peggio, dall’uso di parolacce a un certo utilizzo del mezzo televisivo, bisogna ammettere di aver riscontrato, in seguito, comportamenti simili. Ricordo ancora, ad esempio, quando Sgarbi diede per la prima volta della “str....” a una signora in tv. Ma credo che, a proposito della violenza, vi siano situazioni complesse che esploderebbero comunque».
E a proposito di serial killer, sembrerebbe che le piattaforme - nel caso di Sollima, Netflix - li propongano sempre più frequentemente. «Sì, sono convinto che sul grande, e soprattutto sul piccolo, schermo oggi le piattaforme propongano questi personaggi estremi e negativi in quello che è ormai diventato un cinema a puntate. Sicuramente - prosegue Moscati - questa è diventata un’ossatura centrale.
I serial killer appaiono in buona parte della cinematografia spagnola, francese e ovviamente statunitense. E le piattaforme lavorano molto attorno a questo marketing, agevolato anche da tutte queste vicende di femminicidi e quant’altro... è l’elemento sanguinario ed efferato che attrae lo spettatore».
Il libro “Firenze. Ciak, si uccide” approfondisce tutti gli aspetti. «L’editore Shatter me lo ha commissionato. Rispetto ad altre cose che sto scrivendo o che sono già uscite, mi hanno chiesto se l’argomento poteva essere nelle mie corde. Cinematograficamente parlando, il Mostro di Firenze nel volume alla fine occupa solo 80 pagine e aveva senso parlarne, ma l’argomento cronachistico non mi interessava. Nelle prime 15 pagine ho sintetizzato la storia, poi ho aggiunto una bibliografia totale. La proposta del Mostro di Firenze, per me rientrava in un fenomeno. A partire da Hitchcock, che con “Psyco” non solo ha inferto in tarda età una accelerazione su questo fenomeno, che non era mai arrivato al cinema. Inoltre gira in bianco e nero perché ha fatto tesoro dei suoi precedenti lavori televisivi».
Nel libro, però, Moscati si dilunga anche su altri autori. E a proposito di Sollima, avendo visto la miniserie sul Mostro in anteprima, si dice «parecchio deluso perché il Sollima che siamo abituati a conoscere, pur avendo lui lavorato con il suo solito team da grande professionista della macchina da presa, si è concentrato, almeno per ora, sulla pista sarda con un andare e venire nel tempo che non mi piace. Secondo me, in questo modo, il regista, che in un altro testo ho definito “di genere”, ha perso quello stile forte e quel ritmo che di solito lo contraddistinguono. Einvece di affrontare episodi di cronaca nera, ha voluto fare un’operazione più culturale».
Il volume ospita anche una lunga intervista a Cesare Ferrario, regista del film “Il Mostro di Firenze” (1986). Con lui, in febbraio Moscati parteciperà a un’iniziativa dell’editrice Shatter, “Giallo Berico”.
«Ferrario è una figura molto interessante - spiega l’autore - anche se può apparire un po’ come una persona col senso del complotto. Milanese, oggi 77enne, lavorava soprattutto in teatro a Milano, con Ottavia Piccolo al Carcano. Poi capita nel bel mondo del cinema romano e si ritrova la Titanus che gli mette un miliardo di vecchie lire in mano per girare un film sul Mostro di Firenze. Poco dopo, però, scopre che tutti lo ostacolano. I familiari delle vittime, sotto la cappella di uno degli avvocati del caso, non vogliono che se ne parli. Ferrario incontra difficoltà anche da parte del quotidiano La Nazione e di altri, ma faticosamente finisce il film e glielo bloccano. A un certo punto, pensa anche a rivalità da parte di altri registi, ad esempio Dario Argento. Dopo vicissitudini di varia natura, comunque riesce a fare uscire il film, ma in Toscana arriverà solo molti anni dopo, quindi oggi ricorda di aver girato, per primo, un’opera sul Mostro di Firenze. A un certo punto, ha fatto anche una produzione italo-russa... questo è il film ufficiale sul Mostro e, se vogliamo fare gli ottimisti, il Mostro ha cessato di uccidere nell’85. Da questo punto di vista, quel film ha anche portato “fortuna”».
Nel volume (280 pp, 21.90 euro) Massimo Moscati passa anche in rassegna titoli come “Carrie - Lo sguardo di Satana” di Brian De Palma, dal romanzo di Stephen King, il successivo “Doppia personalità”, “Peeping Tom (L’occhio che uccide)” di Michael Powell, “A Venezia... un dicembre rosso shocking” di Nicolas Roeg e molti altri ancora.

